Oggi, gli ultimi che, ostinatamente,
nutrivano ancora un po di fiducia nella squadra, lhanno irrimediabilmente
persa. Erano pochi, non nascondiamocelo, perché la stragrande maggioranza dUltras e
tifosi Gialloblu Crociati non confidava più da tempo nei propri portacolori. Per carità,
si può arrivare alla penultima giornata ad un passo dalla B ed eventualmente anche
retrocedere. Non così però. Troppe volte la squadra è parsa svogliata, inconcludente,
ed è mancata in quasi tutti gli appuntamenti decisivi, anche quando di fronte aveva
avversari sicuramente meno dotati. Troppe volte la tifoseria è stata tradita e questo ne
ha progressivamente sgretolato la fiducia. Cè chi la persa a Bergamo, quando si
riuscì a perdere con lAtalanta, chi a Verona, quando non si giocò con il Chievo,
chi in una delle tante altre partite, gli ultimi: ieri. Per carità, si può pareggiare
con il Siena, si può anche perdere. Si può anche fallire lappuntamento più
importante duna stagione, ma solo dopo aver lottato allultimo sangue. Invece:
sè lottato dieci minuti su novanta, facendo solo un tiro in porta, senza
combattere, senza dignità. Quando
si pensa che tutte queste considerazioni interessano la maggior parte delle partite della
stagione, di un campionato peraltro interminabile, è normale trarre delle conclusioni,
senza bisogno daspettare ulteriormente. Intendiamoci: gli ultimi novanta minuti, a
Lecce, sono importantissimi ma, vada come vada, non potranno stravolgere i nostri giudizi.
Più volte abbiamo scritto che non siamo figli dun risultato, di solito
dopo qualche sconfitta, per ricordare a tutti che, in campo, come nella vita, si può
vincere come si può perdere. Limportante è dare tutto se stessi. Adesso, dopo
3.330 minuti circa, riproponiamo quella frase: non siamo figli dun
risultato, ma per un altro tipo di discorso. Preso atto di quello che ha fatto la
squadra fino ad ora, i nostri impietosi giudizi su di essa non subiranno modifiche
drastiche. Che si vinca o si perda a Lecce, che PARMA resti o non resti in serie A, la
maggior parte degli uomini che la compongono hanno confermato la loro mancanza di
dignità.
Eppure, nel corso dellultima settimana, un po dottimismo era tornato in
città. Spazi pubblicitari televisivi in cui i giocatori invitano tutti a recarsi allo
stadio, la società che proponeva prezzi speciali, i media locali che indicavano il buon
andamento della prevendita, il tam-tam di notizie sulle coreografie in preparazione, che
si proponevano di colorare tutti i settori parmigiani del Tardini. Tutto nella consapevolezza
daver sacrificato la Coppa UEFA per il campionato e daver rinunziato a giocare
a Torino per avere la squadra al gran completo con il Siena. Dopo tutto questo
come
potevamo fallire?
Volevamo un giorno di festa, solo per Noi. Per quelli che hanno sofferto al seguito di
questa squadra, in Italia e in Europa. Per quelli che hanno lavorato fino a venerdì notte
per preparare la coreografia. Per la nostra città, per tutti quelli che hanno fatto
sacrifici disinteressati per il bene del PARMA.
In Nord siamo arrivati con il magone. Pochi sorrisi, carichi di tensione, senza voglia di
parlare. Volevamo solo tifare e arrivare presto al novantesimo, con una vittoria. Gli
attimi che precedevano lincontro ci caricavano di dubbi e timori, con un accumulo di
preoccupazioni che facevano sembrare interminabile lattesa. Ma poi, quando tutti i
settori del Tardini si vestivano di Gialloblu, tornava preponderante quel quesito che
indicava una ritrovata fiducia, almeno in noi stessi: dopo tutto questo come possiamo
fallire? Sì, avevamo ragione. Noi non abbiamo fallito, e il nostro tifo è lì a
dimostrarlo, nel ricordo di tutti, ieri come dalla prima di campionato. Ha fallito solo ed
esclusivamente la squadra. E soltanto lei deve vergognarsi.
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