Resoconto partite

2004/05

PARMA - Siena

    0 - 0  

22 - 05 - 2005

Serie A

Oggi, gli ultimi che, ostinatamente, nutrivano ancora un po’ di fiducia nella squadra, l’hanno irrimediabilmente persa. Erano pochi, non nascondiamocelo, perché la stragrande maggioranza d’Ultras e tifosi Gialloblu Crociati non confidava più da tempo nei propri portacolori. Per carità, si può arrivare alla penultima giornata ad un passo dalla B ed eventualmente anche retrocedere. Non così però. Troppe volte la squadra è parsa svogliata, inconcludente, ed è mancata in quasi tutti gli appuntamenti decisivi, anche quando di fronte aveva avversari sicuramente meno dotati. Troppe volte la tifoseria è stata tradita e questo ne ha progressivamente sgretolato la fiducia. C’è chi la persa a Bergamo, quando si riuscì a perdere con l’Atalanta, chi a Verona, quando non si giocò con il Chievo, chi in una delle tante altre partite, gli ultimi: ieri. Per carità, si può pareggiare con il Siena, si può anche perdere. Si può anche fallire l’appuntamento più importante d’una stagione, ma solo dopo aver lottato all’ultimo sangue. Invece: s’è lottato dieci minuti su novanta, facendo solo un tiro in porta, senza combattere, senza dignità. Quando si pensa che tutte queste considerazioni interessano la maggior parte delle partite della stagione, di un campionato peraltro interminabile, è normale trarre delle conclusioni, senza bisogno d’aspettare ulteriormente. Intendiamoci: gli ultimi novanta minuti, a Lecce, sono importantissimi ma, vada come vada, non potranno stravolgere i nostri giudizi. Più volte abbiamo scritto che “non siamo figli d’un risultato”, di solito dopo qualche sconfitta, per ricordare a tutti che, in campo, come nella vita, si può vincere come si può perdere. L’importante è dare tutto se stessi. Adesso, dopo 3.330 minuti circa, riproponiamo quella frase: “non siamo figli d’un risultato”, ma per un altro tipo di discorso. Preso atto di quello che ha fatto la squadra fino ad ora, i nostri impietosi giudizi su di essa non subiranno modifiche drastiche. Che si vinca o si perda a Lecce, che PARMA resti o non resti in serie A, la maggior parte degli uomini che la compongono hanno confermato la loro mancanza di dignità.
Eppure, nel corso dell’ultima settimana, un po’ d’ottimismo era tornato in città. Spazi pubblicitari televisivi in cui i giocatori invitano tutti a recarsi allo stadio, la società che proponeva prezzi speciali, i media locali che indicavano il buon andamento della prevendita, il tam-tam di notizie sulle coreografie in preparazione, che si proponevano di colorare tutti i settori parmigiani del Tardini. Tutto nella consapevolezza d’aver sacrificato la Coppa UEFA per il campionato e d’aver rinunziato a giocare a Torino per avere la squadra al gran completo con il Siena. Dopo tutto questo… come potevamo fallire?
Volevamo un giorno di festa, solo per Noi. Per quelli che hanno sofferto al seguito di questa squadra, in Italia e in Europa. Per quelli che hanno lavorato fino a venerdì notte per preparare la coreografia. Per la nostra città, per tutti quelli che hanno fatto sacrifici disinteressati per il bene del PARMA.
In Nord siamo arrivati con il magone. Pochi sorrisi, carichi di tensione, senza voglia di parlare. Volevamo solo tifare e arrivare presto al novantesimo, con una vittoria. Gli attimi che precedevano l’incontro ci caricavano di dubbi e timori, con un accumulo di preoccupazioni che facevano sembrare interminabile l’attesa. Ma poi, quando tutti i settori del Tardini si vestivano di Gialloblu, tornava preponderante quel quesito che indicava una ritrovata fiducia, almeno in noi stessi: dopo tutto questo come possiamo fallire? Sì, avevamo ragione. Noi non abbiamo fallito, e il nostro tifo è lì a dimostrarlo, nel ricordo di tutti, ieri come dalla prima di campionato. Ha fallito solo ed esclusivamente la squadra. E soltanto lei deve vergognarsi.

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