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Uno stadio per la città, non per la speculazione

09 - 02 - 2010

Al posto del Tardini, accusato di creare grandi disagi, un nuovo stadio, magari a Moletolo. E al posto dell'attuale impianto un polmone verde. Questa la tesi sostenuta da Paolo Buzzi, vicesindaco di Parma, supportato da Giorgio Aiello, assessore ai lavori pubblici, durante la trasmissione "Parma Europa" di lunedì primo febbraio, su Teleducato.
Dopo la nevicata che ha costretto al rinvio Parma-Inter, s'è tornato a parlare di "nuovo stadio". Anche la neve è stata sfruttata pretestuosamente per sostenere, impropriamente, la tesi di un nuovo impianto. Risulta infatti evidente che in condizioni meteorologiche difficili, più lo stadio è lontano dal centro, più faticosamente è raggiungibile. E questo dovrebbero saperlo bene i nostri attuali amministratori, i cui "piani neve" hanno avuto così poco successo.
Sentir parlare di polmone verde chi è favorevole alla costruzione di un inceneritore, è piuttosto contraddittorio e rende il tutto poco credibile. Il Tardini, poi, è già, tra le altre cose, un polmone verde nel centro città, arricchito da un impianto sportivo di proprietà della nostra comunità, ricostruito quasi interamente solo 20 anni fa. Ci auguriamo i nostri amministratori non vogliano abbattere il patrimonio pubblico, storico e culturale della città, un'attività che immaginiamo non troverebbe d'accordo neppure la Corte dei Conti.
Dopo la trasmissione succitata, Paolo Buzzi ha rilasciato alcune precisazioni. In riferimento all'ipotesi che il Parma Calcio esprima il bisogno di una nuova struttura, ha dichiarato "Che la stessa società, lo Stato o altri, ma non il Comune si assuma l'onere di coprire le spese. Aspetto necessario perché l'area resti uno spazio pubblico verde per i parmigiani." Cosa significa? Forse il "polmone verde" è già a rischio?
Paolo Buzzi, in merito al Tardini, ha parlato e scritto del bisogno di un "confronto vero con la città che non sono solo i tifosi [...]". Giusto. I tifosi però lo stadio lo vivono, e sono migliaia. Tra questi, noi Boys siamo un corpo sociale, ovvero una forma d'aggregazione e d'espressione comunitaria, che vive lo stadio, ed è capace di esprimere un pensiero ed un'azione collettiva. Ignorare tutto questo significa non volere un confronto vero con le parti sociali interessate e competenti. E che il confronto vero non lo si voglia è testimoniato proprio dal fatto che i Boys (il Gruppo organizzato che da vita alla stragrande maggioranza delle attività delle nostra tifoseria, e il più attivo sul Tardini) sia sempre tenuto fuori quando l'argomento viene affrontato pubblicamente. Forse perché l'opinione dei Boys è scomoda e non funzionale ad un preciso obbiettivo, quello di convincere la pubblica opinione. I rappresentati popolari dovrebbero ascoltare la gente, e aiutarla nelle sue battaglie, accade invece regolarmente il contrario. Dobbiamo ascoltarli, per farci convincere di quelli che sarebbero i nostri (...) bisogni.
In tempi recenti il "dibattito" sull'eventuale delocalizzazione dello stadio cittadino non è stata promossa dalla base, ovvero dalla gente, ma dai politici. Prima da Arturo Balestrieri (ex assessore allo Sport, candidato di Parma Può, poi entrato nel PD); poi da Vittorio Adorni (quando era assessore allo Sport); poi da Roberto Ghiretti (attuale assessore allo Sport); poi dal prefetto Paolo Scarpis e dal questore Gennaro Gallo; e infine da Paolo Buzzi (vicesindaco). Tutto questo testimonia che il potere locale, più che ad ascoltare, sembra impegnato a propagandare un qualcosa di estremamente preciso: uno stadio fuori città. Perché? Politici e istituzioni dovrebbero operare a difesa degli interessi della comunità, che sono assolutamente popolari, mentre invece appaiono distanti, vicini al grande potere economico.
Cosa ci guadagna Parma a perdere un simbolo della sua storia, della sua cultura e della sua tradizione? Cosa ci guadagna Parma a delocalizzare il suo più grande luogo di aggregazione sociale? Cosa ci guadagna Parma a perdere spazi sociali pubblici in favore di cemento privato? Cosa ci guadagna Parma a perdere uno stadio già rifatto vent'anni fa?
Sentire i politici locali, del Comune e dei Quartieri, denunciare i disagi che i residenti subiscono, appare molto strumentale. Le istituzioni e i politici, tra gabbie; barriere fisse; divieti per i tifosi ciclisti; proibizionismo sugli alcolici; e erronea gestione dell'ordine pubblico; hanno scelto di porre in essere tanti di questi disagi o, al massimo, hanno preferito rimanere in silenzio, senza osare opporvisi. Solo noi, con tutti i nostri limiti, abbiamo cercato di mobilitarci con varie iniziative, per denunciare ciò che stava accadendo e fare opposizione, affinché i disagi per i residenti fossero ridotti al minimo. Scaricare le proprie responsabilità sul Tardini, uno stadio fatto di mattoni e manti erbosi, è da vigliacchi. Le decisioni che arrecano pesanti disagi ai residenti non le ha prese il Tardini, ma persone, in carne e ossa.
Sul Tardini si sta giocando una battaglia economica, tra finanziamenti per gli Europei del 2016, grandi appalti, e leggi ad hoc per finanziare i privati a danno delle collettività. Bisogna ricordarsi che il Tardini è di proprietà della nostra città e serve per fare sport. Come Boys siamo favorevoli a tutte le migliorie che non ne esaltino la natura, assolutamente comunitaria e sportiva. Perché lo stadio deve essere di tutti, per tutti. Accessibile a tutti, non solo ai più ricchi. Per intenderci: ben vengano i lavori di manutenzione e tutte le migliorie, ma senza occupare spazi con strutture assolutamente extra-sportive (centri commerciali, ristoranti, alberghi, negozi, ecc). Gli spazi pubblici, come i denari e i finanziamenti pubblici, possono, e devono, essere usati in altro modo.
Qualora si volesse un Tardini sempre vivo e aperto, e non solo per il calcio, non servirebbero certo centri commerciali privati, alberghi o condomini. A Bologna, per esempio, lo stadio è comunale, e sempre attivo: con due piscine e varie palestre, dove si svolgono tantissimi corsi e si praticano tante attività e discipline sportive.
Lo stadio deve servire la città, la sua squadra e la sua gente, non la speculazione.

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