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Ultras. Dove nasce la rabbia

21 - 11 - 2007

14-11-2007. La bara di Gabriele Sandri esce dalla chiesa della Balduina (Roma) Dopo l'omicidio di Gabriele Sandri (ultras della Lazio inspiegabilmente ucciso da un agente di Polizia), gli ultras di Roma hanno sfogato la loro rabbia contro caserme, auto e sedi del Coni. Sono stati lanciati sassi, rotti vetri, bruciate auto, motorini e cassonetti, e feriti vari agenti. 40 sono ricorsi alle cure mediche ma, come dichiarato da un loro ufficiale «[...] fortunatamente nessuno si è fatto veramente male [...]» [1]. «[...] quello più grave: ha avuto una prognosi di 20 giorni» [2], gli altri «hanno avuto prognosi che variano dai tre agli otto giorni» [3].
Alla sede del Coni, oltre ad aver rotto i vetri, hanno lanciato una bomba carta nell'atrio che ha rovinato il marmo. Sono stati rubati anche alcuni computer, altri sono stati distrutti.
Nei pressi dello stadio Olimpico un giornalista dell'Ansa è stato strattonato e gli è stato dato uno schiaffo. L'aggressore ha anche cercato di rubargli la macchina fotografica.
I ragazzi arrestati, con l'accusa d'aver partecipato a tali danneggiamenti, hanno ricevuto anche l'aggravante di terrorismo.

Non ci piacciono gli atti di vandalismo (che abbiamo praticamente debellato dall'azione del nostro Gruppo) ma ancor meno gli omicidi (mai sparato a nessuno). Qualsiasi azione sbagliata (specie se ripetuta nel tempo, specie se non sanzionata grazie a taluni privilegi) tende a generare una reazione (non sempre composta e controllabile).
A Parma, il 4 maggio del 1986, la nostra gente reagì con veemenza ad una carica ingiustificata delle forze dell'ordine e 30 agenti finirono all'ospedale. Nel 1987, dopo pesanti scontri con i Carabinieri a Cremona e alcuni fermi, la rabbia esplose in atti vandalici sul treno del ritorno.
Mai stati terroristi... ne noi, ne i nostri vecchi. Semplicemente: farsi mettere i piedi in testa non piace a nessuno.

A Bergamo, dove gli ultras hanno danneggiato una vetrata per far sospendere la partita (affinché si rispettasse un morto), sono stati arrestati 5 ragazzi. A Milano 2; uno per aver fatto scritte offensive su un muro utilizzando una bomboletta spray, uno per travisamento del volto.
L'agente che ha ucciso senza motivo Gabriele Sandri (seppur «Sono tre ormai i testimoni oculari che hanno visto l'agente a braccia tese in posizione di tiro, come al poligono.» [4]) rimane fuori. «Allo stato attuale - spiega Di Cicco [procuratore capo di Arezzo, ndr] non ci sono gli elementi per un provvedimento di custodia cautelare. In base alle regole non esiste la possibilità di un arresto. Dove stanno infatti il pericolo di reiterazione del reato, di fuga, di inquinamento delle prove?» [5].

Si arresta chi ha rotto una vetrata in plexiglass, chi ha imbrattato un muro, chi si è coperto il volto. Si lascia libero chi ha ucciso un ragazzo.

Gli ultras sono regolarmente diffidati. Basta un sospetto (anche infondato), e non c'è bisogno né di prove né di processo.
Gli ultras vanno anche in galera, e di volata, perché per loro ci sono regole e attenzioni "speciali". In molti casi le accuse sono ridicole e il giorno dopo il G.i.p. non convalida gli arresti. Ma intanto: per una notte si è stati in galera, con tutte le conseguenze del caso.

Per molti altri, invece, ci sono trattamenti diversi. Divisi in caste, passano immuni di scandalo in scandalo, di abuso in abuso, di morto in morto.

I tanti fatti di domenica 11 novembre (l'omicidio, la disinformazione, le proteste, i danneggiamenti) sono stati presentati dai media senza le giuste proporzioni e relazioni. Il che ha alterato la percezione della realtà nella pubblica opinione. L'omicidio (in attesa che «la giustizia faccia il suo corso» [6], come si suole ripetere in certe occasioni) è stato percepito (e liquidato, almeno da molti media) come tragico, ma semplice, "errore". Mentre i danneggiamenti sono stati percepiti come il più grave dei delitti. Ma non solo. La pubblica opinione, attraverso il condizionamento di una "informazione" che non vuole "informare" (e quindi "formare"), è stata stimolata a concettualizzare i fatti (per come gli sono stati presentati) come "un nuovo crimine di ultras e tifosi". Ovvero: spariscono (o si attenuano enormemente) le gravi responsabilità di alcuni (c'è un morto), per esaltare a dismisura quelle (assolutamente minori e comunque consequenziali all'omicidio, e alla disinformazione e al menefreghismo che lo hanno accompagnato) degli altri.
Addirittura, e siamo al grottesco, alcuni media impongono la discussione se sia opportuno, o meno, vietare le trasferte, per fermare le "violenze dei tifosi". Una specie di test, per verificare se la disinformazione è passata. Ma anche chi vuole far passare in secondo piano l'omicidio per dare risalto al vetro rotto di Bergamo e ai disordini di Roma, sa che tali azioni non sono state compiute da tifoserie in trasferta. Per quanto riguarda Roma: neppure allo stadio.
Domenica 11 novembre 2007 è stato ucciso un ultras che stava andando in trasferta e non lo ha ucciso un altro tifoso, lo ha ucciso un agente di Polizia. E non lo ha ucciso con uno striscione, con una bandiera, con un megafono, con un tamburo, o con una coreografia. Lo ha ucciso con una pistola.

L'11 novembre è stato ucciso Gabriele Sandri. Ogni giorno viene uccisa la verità, perché altrimenti non si fa carriera...
E la rabbia cresce.

1: "Roma: una notte di guerriglia" dal Corriere della Sera dell'11 novembre 2007;
2: ibidem;
3: ibidem;
4: "Ultras: i coltelli erano dei laziali" da Il Giornale del 16 novembre 2007;
5: ibidem;
6: "Caso Sandri: Mastella, accertare verità su morte tifoso" da Adnkronos del 12 novembre 2007.

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