Dibattito “I nuovi padroni del calcio?” PDF Stampa E-mail
Lunedì 20 Marzo 2017 11:37

Lo scorso venerdì, 10 Marzo 2017, abbiamo presenziato ad un dibattito (aperto a tutti) presso la sede dei Forever Ultras 1974, a Bologna, in merito alla becera collaborazione tra società sportive e società/multinazionali finanziatrici nell’ambito della “riqualificazione”degli stadi di proprietà delle suddette nonché della gestione delle stesse.

 

 

Ad intervenire nel fulcro della questione sono stati l’avvocato Adami (esponente del gruppo Ultras Udine 1995) ed un rappresentante del Gruppo Vandelli (Reggiana), ad introdurre e moderare una storica incaricata del gruppo bolognese. Presenti tra il pubblico, a parte i membri dei gruppi sopracitati e la nostra rappresentanza, affiliati ad altri gruppi bolognesi, reggiani ed un cremonese. Il primo ha esposto la situazione friulana raccontando quanto accaduto al proprio stadio dopo i lavori di modernizzazione (che più disagi addusse ai tifosi di casa ed alle tifoserie ospiti) tra il 2014 ed il 2016, anno, quest’ultimo, che ha visto la piena realizzazione del progetto nonché (qui casca l’asino) la rinominazione dell’impianto passando da “Stadio Friuli” (nome in cui si sono identificate decine di generazioni di tifosi bianconeri) ad uno sterile “Dacia Arena”. Quest’operazione è avvenuta in merito ad accordi tra il patron Pozzo e la società Dacia, lasciando interdetta tutta la compagine dei sostenitori del club friulano. Come termine di paragone rispetto a quanto detto è stato anche riportato il caso della multinazionale Red Bull, la quale, negli anni, sta allungando i tentacoli rivedendo (Salisburgo, New York) o creando dal nulla (Lipsia, Ghana, Red Bull Brasil (Campinas) società sportive ad hoc al fine d’incrementare i propri profitti attraverso sponsor, finanziamenti per la ristrutturazione degli stadi e merchandise, il tutto, inoltre, con il proprio logo nel simbolo societarioe l’adozione dei medesimi colori sociali per tutte le realtà dentro al proprio giogo. Il secondo ha parlato di quanto avvenuto a Reggio Emilia dalla seconda metà degli anni ’90 ad ora, da quando il “Giglio” (1995) fu il primo stadio di proprietà di una società di calcio nonché adottante il nome della società finanziatrice di maggioranza, stravolgendo, per la prima volta, la concezione canonica dell’impianto sportivo calcistico facendolo diventare un gigantesco supermercato con un campo da gioco all’ultimo piano; oggi lo stadio ha un nome ancora diverso (cambiato nel 2014 ad opera del Sassuolo (all’epoca in affitto dopo la conquista della serie A) ossia “Mapei Stadium – Città Del Tricolore” nonché di proprietà della Mapei (l’azienda del patron Squinzi e presidente del Sassuolo Calcio) dopo un’asta bilaterale che ha visto soccombere i Football Properties (cordata d’imprenditori reggiani a sostegno della compagine granata). Tutto questo senza il minimo rispetto per i tifosi, ancora una volta elementi passivi (nonostante ci sia chi, per l’appunto, gridi il proprio dissenso) del gioco dei potenti. Questa disquisizione informativa è stata solo un render noto quanto è avvenuto e sta avvenendo sotto i nostri occhi in diverse realtà italiane (e non) e che purtroppo potrebbe essere il futuro di molte altre (se non tutte, ad un certo punto), urge quindi la presa visione da parte di tutto il mondo del tifo (non solo degli ultras) affinché una maggiore consapevolezza porti i gruppi a rinnovare la propria risolutezza ed autodeterminazione per far sì che il nostro mondo (la realtà calcistica) continui a rimaner il più possibile genuino e popolare, perché queste sono le sue origini e questa è la sua identità, come detto in passato andar allo stadio non è (e non deve essere) come andar a teatro/centro commerciale/cinema.