“La Tessera del tifoso funziona, la violenza è diminuita”: ne è convinto il Ministro degli Interni Roberto Maroni. Se ha ragione chietedelo a quei tifosi di Bologna e Lecce che domenica hanno preso o rischiato di prendere le botte da quelli avversari.
Cosa c’entra la tessera? C’entra, perché gli ultras, in segno di protesta, la tessera non l’hanno fatta. Di conseguenza, non potendo entrare nel settore ospiti, fanno il biglietto per i settori di casa e si mischiano ai tifosi locali. E così ecco gli juventini che scacciano a calci e pugni i bolognesi dalla curva San Luca (la loro), e i bresciani che minacciano i leccesi in tribuna e in curva sud (le loro). A Bologna gli ultras della Juventus si sono sistemati in curva San Luca, quella opposta alla Andrea Costa, cuore del tifo rossoblu. Quando alcuni bolognesi sono entrati in curva si sono ritrovati un mare di bandiere bianconere e alcuni tipi per niente pacifici. Ecco il racconto di un tifoso del Bologna: “Ci siamo presentati regolarmente all’ingresso della curva San Luca, con il biglietto nominale in quel settore. Una volta dentro, abbiamo subito capito che la parte di curva a noi riservata era occupata da moltissimi tifosi della Juve. Solo quando oramai eravamo sui gradoni ci siamo resi conto che non si trattava dei tifosi normali. In poco tempo ci siamo trovati addosso queste persone e sono volati calci e schiaffi, con noi c’era se non sbaglio anche un papà con suo figlio. Qualcuno è rimasto contuso”. Un altro ha raccontato: “Siamo stati rincorsi dagli juventini che ci volevano menare. Scappavano anche gli steward. Un tizio a volto coperto mi si è attaccato al collo con altri due che gli davano una mano: mi hanno rotto cellulare, occhiali, strappato il cappuccio della giacca e ho preso un pugno di striscio”. A Lecce, per fortuna, gli scontri sono stati soltanto sfiorati. Merito dei carabinieri (più che degli steward, spesso non all’altezza della situazione) che non hanno fatto degenerare la situazione. Al Via del Mare gli ultras bresciani, non tesserati, si sono sistemati in curva sud. Vicino ai leccesi, tra i quali bambini e anziani. A parte insulti e minacce non è successo nulla. La situazione poteva precipitare nell’intervallo, quando bresciani e leccesi si sono trovati allo stesso bar. Altro che sicurezza, quindi, come sostiene Maroni. La tessera del tifoso mostra i suoi limiti fallendo proprio nell’obiettivo principale. Voleva porre un freno alla violenza degli ultras, e invece la facilita. Ecco il paradosso: i violenti (mica tutti gli ultras, sia chiaro) sono più liberi di prima. Quando stavano nel settore ospiti, come la logica vuole, erano chiusi e controllati. Le probabilità che scoppiassero scontri dentro lo stadio erano quasi nulle. Gli incidenti succedevano fuori. Oggi gli scontri possono succedere anche dentro, da un momento all’altro: se si mischiano i tifosi è normale. E già successo: per esempio a Salerno. E fuori la situazione non è meno tesa di prima, anzi. Basti pensare agli ultras che vanno in trasferta anche quando allo stadio non possono entrare perché le restrizioni lo vietano. Per protesta loro restano fuori, fanno il tifo da lì. Ma ci vuole poco che vengano raggiunti dagli ultras di casa… Poteva succede a Lucca settimane fa, per esempio. Dal punto di vista della sicurezza, quindi, la Tessera del tifoso è un flop. Il rischio di incidenti è più alto di prima. Negli stadi la situazione è surreale: i tifosi ospiti, quelli tranquilli, quelli che non farebbero male a una mosca, se ne stanno buoni buoni nel settore ospiti con la tessera in mano. Quelli che, invece, una scazzottata se la farebbero volentieri, sono più liberi di prima di farla. Il paradosso è che la tessera non penalizza i violenti come si proponeva: anzi, li favorisce. E a pagarne i disagi sono, come sempre, tutti gli altri.
tratto da www.ecodellosport.it |