Gemellaggi
Il calcio che non c'è più ( Articolo di Antonio Boellis ) |
Giovedì 21 Ottobre 2010 21:00 |
Per parlare di stadio, di Tifosi, di Ultras, di Tessera, repressione ecc ecc le cose bisogna viverle in prima persona, non basta ascoltare la voce dei telegiornali che spesso ne danno un’idea distorta ma che ben entra nella testa della gente, che quasi sempre puntano il dito solo ed esclusivamente sui Tifosi.
E per vivere lo stadio non intendiamo avere un biglietto omaggio in Tribuna d’Onore, entrare con l’”auto blu”, fare l’aperitivo nelle zone Vip. Intendiamo farsi la fila per trovare un biglietto (quando si trova), pagarlo caro, fare la fila ai tornelli, essere perquisiti, ripresi, trattati da animali.
Un bambino di tre anni e la madre minacciati dai tifosi del Cesena perché Zaccardo, il padre del bambino, ha “osato” esultare davanti ai loro occhi; l'arbitro insultato per tutti i 90 minuti (anche quando prende decisioni giuste); gli ultras del Parma senza “Tessera del Tifoso fianco a fianco con gli avversari; all'esterno dello stadio nessun parcheggio per le auto, se non quello per giornalisti e addetti ai lavori; il divieto di portare ombrelli sugli spalti; e nel viaggio di ritorno il rischio di incrociare tifoserie rivali negli autogrill. E' la fotografia variopinta di un calcio assurdo e pieno di restrizioni che fa la lotta agli ultras e trasforma gli stadi nel peggior posto dove passare una tranquilla domenica pomeriggio. Un posto dove è vivamente sconsigliato portare la famiglia. Non che in passato il mondo del calcio abbia regalato storie da “tarallucci e vino”, ma oggi la situazione è degenerata. Non ci sono più regole se non quelle imposte dal Ministero dell'Interno. Non c'è più rispetto per gli avversari, dentro e fuori dal campo. Tutti protestano per qualcosa, compresi i dirigenti che a fine partita fomentano la rabbia dei tifosi, contestando gli arbitri e rivendicando meriti – o vittorie – che il campo non gli ha dato. di Antonio Boellis
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