«Massacrato dai poliziotti ma non da quelli indagati» PDF Stampa E-mail
Martedì 19 Marzo 2013 11:45

PESTAGGIO GRATUITO. Nelle motivazioni della sentenza di assoluzione degli agenti si è ricostruita la dinamica dei fatti. Il collegio ribadisce che il tifoso bresciano, in stazione dopo la partita con l'Hellas, è stato colpito con manganelli tenuti al contrario

 

Si parla di «cattiva gestione dell'ordine pubblico», di «fatto gravissimo costituito dal pestaggio gratuito, del tutto ultroneo e immotivato rispetto alle esigenze di uso legittimo della forza, di un giovane», di «pestaggio avvenuto anche con un uso del manganello espressamente vietato dal manuale diramato dal Ministero dell'Interno», di «disordine pubblico, tanto che purtroppo è stato necessario constatare come le forze dell'ordine siano diventate esse stesse un fattore di disordine». Tutto questo, contenuto nella motivazione della sentenza con la quale il collegio presieduto da Marzio Bruno Guidorizzi ha assolto otto poliziotti, ovvero la squadra di Bologna, per fugare ogni dubbio sul fatto che Paolo Scaroni, tifoso del Brescia, non sia stato colpito da agenti di polizia. E il collegio ribadisce che a sfondare la teca cranica non fu un martello, tantomento da un sasso (come ha sostenuto la Questura fin dalla sera di quel 24 settembre 2005) e nemmeno l'urto con la parete di un vagone (come ha affermato l'ispettore della Digos nel corso del dibattimento) o «impattando con gli scalini di un vagone». Nessun dubbio: Paolo fu colpito selvaggiamente con i manganelli impugnati al contrario da un gruppo di poliziotti. Ma non da quelli che vennero indagati e finirono a processo. Tant'è che Massimo Coppola, Michele Granieri, Luca Iodice Bartolomeo Nemolato, Ivano Pangione, Antonio Tota e Giuseppe Valente sono stati assolti perchè la prova non è stata raggiunta. Per uno solo, Vladimiro Rulli, l'assoluzione è stata piena: lui, autista del pullman, sul primo binario a Porta Nuova non salì mai. E in 34 pagine il collegio ricostruisce fase per fase quel che avvenne al termine di una giornata in cui la tensione era stata palpabile, dentro e fuori dal Bentegodi, ma che esplose in stazione dopo una prima carica partita senza che ne fosse stato dato l'ordine. IL RICORDO DI SCARONI. È la ricostruzione fatta in aula da Paolo, non senza sofferenza, a fornire al collegio la «fotografia» del momento in cui si verificò il pestaggio. Un racconto senza contraddizioni, lineare e dettagliato, lo definisce il tribunale, che include il ricordo di quei manganelli impugnati al contrario (e la consulenza medica conferma che «la lesioni siano del tutto compatibili con una certa impugnatura, al contrario»). «Egli subisce l'aggressione in un contesto in cui indubbiamente forze dell'ordine e tifosi si stanno contrapponendo e nel quale le forze dell'ordine hanno già attivato il ricorso alla forza». Ma il giovane tifoso del Brescia, come lui stesso spiegò, fu colpito «in un momento di relativa calma e ciò ha fatto maturare il convincimento che l'aggressione si collochi prima dello scatenarsi di quella fase di più intensa confusione che è stata individuata come la seconda carica. Sale le scale, giunto sulla banchina percepisce una situazione di calma e vede le forze dell'ordine schierate, ferme, sulla sua destra». Questo l'elemento che porta il collegio ad escludere la responsabilità del VII Reparto mobile di Bologna: vede i poliziotti schierati «senza notare alcuni di essi in movimento, per cui si deve piuttosto ritenere che allorchè Scaroni raggiunge la banchina la squadra degli imputati non è ancora partita (dalla testa del treno). Ipotesi tutt'altro che improbabile perchè tra il luogo in cui si vedono le forze dell'ordine sulla banchina e l'accesso delle scale (e l'androne in cui poi si rifugeranno) ci sono pochi metri». Per il collegio gli imputati non potevano essere già arrivati quando salì Scaroni. SCALA MOBILE. L'ipotesi più probabile è che il giovane sia salito dalla scala mobile, «visto che è la prima che si incontra uscendo dal McDonald, significa che sbuca sulla pensilina assai vicino a dove dai filmati si vedono schierate le forze dell'ordine». Ma in quel momento è tutto tranquillo, così non sarà quando sale, poco dopo, il suo amico: Paolo era già stato colpito ed era risalito sul treno. «Questa sua vicinanza allo schieramento principale non permette assolutamente di escludere che gli autori della sua aggressione fossero un gruppo di appartenenti alle forze dell'ordine distaccatosi dal raggruppamento appostato allo scopo di reagire alla provocazione del tifoso visto anche da Scaroni». Quel ragazzo che, solo, stava gesticolando contro i poliziotti. E il collegio ritiene che in quel momento agli imputati non era ancora stato ordinato di partire per la coda del treno. «Sarebbe del tutto arbitrario e non fedele all'incertezza degli aspetti conoscitivi emersi nel processo pretendere di addebitare proprio agli imputati la responsabilità per l'aggressione, perchè non vi è certezza circa il fatto che Scaroni e gli imputati si siano incrociati mentre questi saliva dalle scale e gli imputati si avviavano verso la coda del treno». Non solo: «men che meno si può escludere che l'aggressione proditoria ai suoi danni non sia avvenuta prima che gli imputati si distaccassero dal resto dello schieramento per avviarsi verso la coda del treno». Ma, in aula, nessuno dei dirigenti ha ricordato quale squadra fosse in quel punto tra le 19.30 e le 19.40, tra la prima e la seconda carica, prima del lancio di sassi. PRIMA CARICA, LA SCINTILLA. Per il tribunale il dato di fatto rilevante è che «mentre è in corso la trattativa tra tifosi e dirigenti deflagra all'improvviso una vera e propria carica con uso massiccio di manganelli. Non è assolutamente chiaro il motivo ma il fatto certo è che il ricorso all'uso della forza attuato con quella prima carica non è ordinato, né autorizzato dal responsabile che si vede prodigarsi, in gran parte inutilmente, per fermare quell'improvvisa esplosione violenta». Poi il lancio di lacrimogeni «era ed appare del tutto inutile e dannoso» e spinse i tifosi a scendere dal treno. Poi seguì la calma, dopo la risalita di Scaroni un nuovo putiferio. Ma il tifoso del Brescia era già sulla panchina. Privo di sensi.

Fabiana Marcolini

[FONTE: L'Arena]

 

I tifosi assiepati nel cortile del tribunale per manifestare la loro solidarietà a Scaroni