Oggi al Tardini, all’ingresso in campo delle squadre di Parma e Genoa, abbiamo esposto lo striscione (non autorizzato): “Mi ricordo un calcio di passioni, dove i calciatori non guadagnavano milioni, la Lega non si svendeva alle televisioni e i Tifosi erano importanti come i campioni…”
Uno striscione che esprime tutta la nostra nostalgia per un calcio che non c’è più, che forse solo i più datati hanno vissuto, una calcio che era ancora uno sport, che ha fatto innamorare milioni di italiani della propria squadra e li ha portati negli stadi. Tutto il contrario di quello che succede oggi… Ma dietro questa frase ci sono delle riflessioni ben precise, nate da diversi ragionamenti che abbiamo voluto sintetizzare in uno striscione. Discorso nato dallo sciopero che hanno indetto i calciatori per domenica 26, sciopero per motivi economici e non, per difendere i loro diritti dicono loro. Anche se sentire parlare di sciopero da una delle categorie più agevolate del nostro paese (da chi guadagna milioni per dare il calcio a un pallone) fa storcere il naso, non vogliamo entrare in merito, rischieremmo di schierarci dalla parte della Lega Calcio, quella che appunto si è svenduta alle televisioni, facente parte insieme alle Società, ai procuratori e ai calciatori stessi di quel sistema calcio (business) che si sta rovinando con le proprie mani. A noi tifosi poi, che seguiamo e sosteniamo questa gente, per amore, passione e tradizione, sentire parlare loro di diritti quando a noi praticamente non ne è rimasto neanche mezzo ci fa quantomeno pensare. Noi che paghiamo per vederli, noi che abbiamo obblighi e doveri ma nessun diritto, noi che subiamo qualsiasi tipo di divieto, noi che a volte torniamo dalle trasferte il lunedì mattina: per andare al lavoro. Cosa dovremmo fare noi? Una volta gli stadi erano pieni, gli incassi interessavano alle Società, il giocatore che segnava correva sotto la curva. Fra qualche anno correrà sotto i tifosi disegnati sui teloni. Avete ragione, tutelate i vostri diritti: tutelate chi vi sostiene.
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