Gemellaggi
Caso-Sandri: uccidere è sempre un crimine, chiunque sia a sparare |
Martedì 21 Febbraio 2012 18:56 |
Per Gabriele. Per Daniela, Cristiano, Giorgio. Per l’Italia tutta che aveva bisogno di una giustizia finalmente giusta, senza se e senza ma. Ma anche per tutti quelli che hanno subìto abusi da parte delle forze dell’ordine e non hanno mai avuto giustizia, ma solo troppo silenzio.
La sentenza della Corte di Cassazione, che ha confermato ai danni del poliziotto Luigi Spaccarotella la condanna per omicidio volontario per l’uccisione di Gabriele Sandri, urla a gran voce che nessuno è intoccabile in Italia. Anche e soprattutto se indossa la divisa. Non è questione di vendetta o di odio per le forze dell’ordine, al contrario. Si tratta piuttosto di ritrovata fiducia in un sistema che sa condannare ed espellere le proprie mele marce, tutelando così la rispettabilità stessa delle istituzioni. Senza proiettili sparati in aria o esplosi accidentalmente. Senza silenzi e omertà. Qualcosa fortunatamente sta cambiando, è innegabile. Merito di famiglie coraggiose e amanti della giustizia, che hanno combattuto una battaglia di verità per l’Italia tutta, come i familiari di Sandri ma anche quelli di Federico Aldrovandi o Stefano Cucchi. Merito di cittadini sempre più consapevoli, che non si lasciano più abbindolare dalle veline delle questure e che sanno trovare nella rete internet nuove e sempre più importanti fonti di informazione e condivisione. Cittadini che piano piano conoscono sempre di più l’importanza del cellulare che portano in tasca: un modo per riprendere e fotografare che può fare giustizia in tanti casi, anche recentissimi. Come si può ignorare un fatto accaduto per strada se i click su youtube sono decine di migliaia? Lo avevamo scritto, insieme alla collega Alessia Lai, nel nostro Quando lo Stato uccide (Castelvecchi, 2011): il web 2.0 e le nuove tecnologie stanno facendo cambiare il pregiudizio di impunità che le forze dell’ordine hanno sempre avuto. E ancora, merito di procuratori generali, come quello che ha seguito il processo contro Spaccarotella, che nell’aula della Cassazione non ha avuto remore a dire che se a sparare fosse stato un normale cittadino la sentenza si sarebbe avuta in quaranta secondi netti. E che la differente percezione è degna di uno Stato di polizia. Tommaso Della Longa [FONTE: Secolo d'Italia] |