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Verona: inizia processo per pestaggio polizia a tifoso Bresciano(di M.Martucci dal blog Cuoritifosi) |
Lunedì 19 Settembre 2011 18:05 |
“La mia storia è simile a quella di Gabriele Sandri e Stefano Furlan, solo che io sono ancora vivo e posso raccontarla...” Mi disse proprio queste parole il giovane Paolo Scaroni, bisbigliandole a mala pena colpa un’invalidità irreversibile che gli ha cambiato la vita. Lo incontrai a Brescia alcuni mesi fa, prima della presentazione del mio libro CUORI TIFOSI nella festa dei 100 anni della Leonessa, organizzata dagli Ultras Brescia 1911 Curva Nord. Conobbi Paolo insieme al papà, nella sua azienda di famiglia, una fattoria di Castenedolo, alle porte di Brescia. Gente umile, persone per bene gli Scaroni, onesti lavoratori a cui la vita ha però riservato un brutto colpo, girando improvvisamente le spalle sui binari di un treno in partenza, al ritorno dalla trasferta per una partita di calcio. Era il post gara di un Verona-Brescia di qualche anno fa. Una carica d’alleggerimento (sic!) delle forze dell’ordine alla Stazione di Porta Nuova, portò Paolo a combattere prima in una sala operatoria e poi tra la vita e la morte, in coma. “Ero un ragazzo normale, con amicizie, una ragazza, passioni, sani valori. Ero soprattutto un grande tifoso del Brescia. Una persona normale, come tante. Caro Ministro dell’Interno - ha scritto Paolo a Roberto Maroni, definendosi vittima di uno Stato distratto - non cerco vendetta, se mai giustizia“. Quando papà Scaroni iniziò a parlarmi delle disavventure incontrate nel cammino per aiutare il figlio, delle pressioni subite per insabbiare giudizialmente e mediaticamente il caso… papà Scaroni scoppiò in lacrime, tanta la rabbia mista a commozione. Come se ogni istante ripercorso a ritroso e a parlare dei postumi di quell’incredibile 24 Settembre 2005, lo facessero ripiombare nell’angoscia per lo stato di coma vegetativo da cui Paolo ha saputo uscire con un’invalidità al 100%. Paolo Scaroni, dopo 6 anni d’attesa, il prossimo 20 Settembre vedrà celebrarsi a Verona la prima udienza di un processo che nessuno sa nemmeno se arriverà mai a sentenza. Prima indagati e ora rinviati a giudizio sono degli appartenenti alla Polizia di Stato, 7 agenti del reparto mobile di Bologna, accusati del pestaggio e individuati grazie alla tenacia e all’alto senso del dovere di una funzionaria di Polizia di Verona, che non s’è arresa davanti ai muri di gomma trovati nelle indagini. Da questo processo ci si attende verità e giustizia. Solo questo. Ma non so se tra prescrizioni e lungaggini burocratiche si potrà mai riuscire ad arrivare all’accertamento di responsabili e responsabilità. Non so nemmeno se poi alla fine questo processo potrà arrivare a naturale conclusione, compiendo tutti e tre i gradi di giudizio. So solo però, perché me l’ha detto Paolo, che la vittima era amica di Federico Aldrovandi, ferrarese, anche lui giovane, anche lui pestato a sangue dalla Polizia, però deceduto e montato alle cronache per la forza con cui la mamma ha saputo combattere per giungere alla verità (e alla giustizia) per la morte del figlio. Intanto però gli amici di Paolo, tifosi e cittadini che non vogliono arrendersi e che da anni chiedono di non calare il silenzio su un caso imbarazzante, si danno appuntamento fuori dal tribunale scaligero per martedì. Per il primo appuntamento con la giustizia, per non lasciare Paolo solo al suo destino, mandando un segnale forte alla società civile. “Invitiamo tutti - scrivono gli ultras biancoblù che raggiungeranno il tribunale in pullman - ad unirsi in quella che vuole essere principalmente una dimostrazione di solidarietà e di sostegno nei confronti di Paolo Scaroni, cittadino bresciano”. Se qualcuno ancora non se ne fosse accorto, anche negli stadi e sulle gradinate di una curva passa il banco di prova per una democrazia compiuta. Dove i cittadini sono tutti uguali davanti alla legge. Sempre e comunque. Maurizio Martucci |