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Omicidio Sandri, le responsabilità del (loro) sistema

23 - 01 - 2009

Quattordici mesi dopo l'omicidio di Gabriele Sandri, Luigi Spaccarotella (l'agente di Polizia che lo ha ammazzato) è sempre in libertà. Questo nonostante ci siano testimoni che affermano di averlo visto prendere la mira e puntare l'arma con due mani. Nessun arresto, nessuna diffida (per lui valgono tutte le garanzie costituzionali). Nonostante il morto, nonostante le testimonianze, ha continuato addirittura a lavorare in Polizia fino a pochi giorni fa, pagato con i soldi dello Stato. Si è ritenuto di sospenderlo solo dopo il suo rinvio a giudizio (con l'accusa di omicidio volontario). E lo stipendio? Continueremo a pagargliene una parte rilevante. La vicenda è un esempio macroscopico di come la legge non sia uguale per tutti. Da una parte (la nostra) si arresta e si diffida, magari per aver acceso una torcia (materiale pirotecnico non esplosivo) o per aver fatto una scritta su un muro, dall'altra (politici e divise) si gode di privilegi e impunità, anche per gravissimi fatti di sangue. E' il loro sistema, è la loro polizia.
Se la responsabilità penale dell'omicidio è esclusivamente dell'agente che ha ucciso Gabriele Sandri, altre responsabilità (morali e politiche) non possono essere ignorate. Tali responsabilità sono a monte e a valle dell'omicidio; a monte, perché hanno contribuito (indirettamente) affinché fatti simili potessero accadere; e a valle, perché hanno disinformato l'opinione pubblica in merito.
Se un agente di Polizia vedendo in lontananza degli ultras (che non lo minacciavano in alcun modo) si è sentito in diritto/dovere di estrarre una pistola, impugnarla con due mani, prendere la mira e tirare il grilletto (facendo partire un colpo che ha freddato un ragazzo alla nuca), la colpa (indirettamente) è anche di chi, per anni, ha criminalizzato gli ultras. Ovvero: i politici che siedono in Parlamento (con le tante leggi anti-costituzionali ad hoc), i politici locali (sempre pronti a giustificare la repressione contro gli ultras) e i giornalisti (con la loro disinformazione). Tutti questi atteggiamenti hanno contribuito a creare un clima di odio nei confronti degli ultras. Sentimenti e convinzioni che potrebbero aver influito anche nella fattispecie, ovvero sul comportamento dell'agente che ha ucciso Gabriele Sandri. L'omicidio di Gabriele arriva a soli sette mesi dalla morte dell'ispettore Filippo Raciti. Una coincidenza? Tra i due fatti non c'è sicuramente alcun legame diretto. Sta di fatto, però, che per la morte dell'ispettore Raciti furono subito incolpati gli ultras. I giornalisti (tralasciando i fatti, le responsabilità sulla gestione dell'ordine pubblico e le prove) diedero vita ad una violentissima campagna d'odio, per cui tutto quello che era contro gli ultras andava bene. Un vero e proprio linciaggio mediatico, accettando e divulgando acriticamente qualsiasi genere di nefandezza che potesse avvalorare le tesi di chi voleva criminalizzare il mondo ultras. Perfino dei disegni a matita che ipotizzavano che ad uccidere Raciti fosse stato un ultras catanese con un sottile lamierino. Viceversa, quando tale tesi fu inficiata dai Ris e se ne affacciò un'altra (per cui poteva essere stato un Discovery della stessa Polizia a colpire mortalmente l'ispettore) quest'ultima fu per lungo tempo occultata. Anche la politica non perse tempo. Dopo soli cinque giorni dalla morte di Raciti, quando la conoscenza dei fatti (per altro stravolti dai media) era ancora estremamente approssimativa, il Governo varava il decreto anti-ultras Melandri-Amato (che successivamente il Parlamento approvò quasi all'unanimità). Tempi record che contrastano con la politica dell' "aspettiamo che la giustizia faccia il suo corso", a cui tutti si sono attenuti scrupolosamente quando un agente ha ammazzato Sandri. Anche le forze di Polizia parteciparono direttamente alla repressione anti-ultras seguita alla morte dell'ispettore Raciti. E lo fecero tramite l'Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive, introduce le norme anti-tifo. In pratica abolivano la libertà di tifo e d'espressione all'interno degli stadi. Provvedimenti chiaramente anti-costituzionali (la libertà d'espressione è garantita dalla Costituzione) ma a cui, nel clima generale di odio anti-ultras, nessuno badò più di tanto. Così come nessuno obbiettò quando venne spedito in galera Antonino Speziale, giovane tifoso catanese, anche se non sembravano esserci prove certe della sua colpevolezza. Perché visto che era un ultras e che aveva partecipato agli scontri con la Polizia (indipendentemente da cosa avesse fatto quest'ultima, perché in tanto lei è la Polizia), un po' di galera era giusto che se la facesse. Magari: anche se accusato per un omicidio che probabilmente non aveva commesso...
Vari sondaggi d'opinione, realizzati durante il 2007, dimostrano che l'opinione pubblica (dopo il lavaggio del cervello mediatico) identificava negli ultras uno dei maggiori problemi per la sicurezza interna. In questo clima dilagante di odio anti-ultras si inserisce l'omicidio di Gabriele Sandri. Non si può ignorarlo. Spaccarotella ha sparato forse perché si è sentito quasi autorizzato (moralmente) a farlo. Dopotutto il sistema (politico-militare-economico-mediatico) aveva dipinto gli ultras come i nemici della legge e dell'ordine, come il problema da risolvere radicalmente e con fermezza, magari applicando la tolleranza zero.
Ma le responsabilità del sistema continuano, anche dopo il delitto.
Il Questore di Arezzo Vincenzo Giacobbe, anche di fronte ad un morto ammazzato, ad un foro di pallottola in un vetro, in conferenza stampa parlò di "colpi in aria". E lo disse alle 18, quando sapeva già tutto. Una dichiarazione che condizionò pesantemente l'opinione pubblica, facendo ritenere che ad ammazzare Sandri non fosse stata la polizia. Ma nessuno ha mai chiesto conto di questo a Vincenzo Giacobbe.
I media, invece di dire chiaramente la verità sull'omicidio Sandri cercarono di farlo passare in secondo piano dando maggior risalto al vetro rotto di Bergamo e ai disordini di Roma. Anche in quel frangente drammatico, con tanti giovani arrabbiati (perché capivano si stava cercando di nascondere la verità per garantire al sistema la solita impunità), si cercò di criminalizzare gli ultras, come per giustificare o quantomeno mitigare la verità: un agente di Polizia aveva ammazzato senza motivo un ultras.
Mai nessuno ha parlato delle responsabilità (quantomeno morali) del sistema nell'omicidio Sandri. Perché la verità, nella fattispecie, è un atto d'accusa spietato. Un atto d'accusa che forse non può essere letto dinnanzi all'autorità giudiziaria, ma che dovrebbe essere ragionato nel Paese e dove questo (si dice) abbia i suoi rappresentati.
Nessuno ministro, parlamentare, politico, dirigente del calcio, capo delle forze di polizia, direttore di giornale, si è dimesso. Ma forse è inutile parlare di morale ad un sistema (il loro) che di morale proprio non ne ha.
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