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Diritti tv. Distribuire equamente i soldi... della catastrofe?

23 - 10 - 2007

Stagione 2003/04. Bologna-Parma. Striscione BOYS: 'Questo calcio ci fa... Sky...fo' Entro il 4 novembre la Lega Calcio dovrà trovare un'intesa sui criteri di ripartizione dei ricavi che deriveranno (in buona parte dopo il 2010) dalla vendita collettiva dei diritti televisivi. «[...] Se non ci sarà l'accordo, deciderà autonomamente il governo», questo ha detto il ministro dello sport Giovanna Melandri, dopo aver concesso l'ennesima proroga alla Confindustria del pallone.
Nell'estate del 2006 la Melandri aveva così illustrato la legge delega: «[...] si introducono nuovi criteri per la distribuzione delle risorse derivanti dai diritti tv fra le società di calcio: in particolare, viene inserito il concetto di mutualità, in base al quale metà delle risorse vengono distribuite in parti uguali fra le squadre, e la restante metà viene distribuita al soggetto competente per i singoli campionati sportivi (la Lega) il quale le ridistribuirà ai club tenendo conto di due parametri, il bacino d'utenza e i risultati sportivi».
La legge delega va nella giusta direzione (almeno per certi versi) perché cerca di distribuire più equamente i ricavi derivanti dalla vendita dei diritti televisivi, perché il calcio italiano non è soltanto un pugno di società metropolitane che vivono in un mondo tutto loro, ma un movimento che si fonda su centinaia di squadre (che rappresentano le tante identità del nostro Paese).
Però attenzione. Non confondiamo il male con la cura. L'eccesso di tv è tra i massimi responsabili del declino del calcio italiano. Politiche scellerate volte a massimizzare il guadagno nel breve periodo (trasmissione di tutte le partite, anticipi, posticipi, Serie B al sabato, ecc.) hanno svuotato gli stadi e fatto calare drammaticamente l'interesse della gente. Così come politiche televisive incuranti dei legami "territorio-squadra della comunità", finiscono ineluttabilmente per accentrare l'interesse sulle poche squadre di vertice, accentuando sempre più le disparità. Per cui: tre-quattro squadre hanno sempre più telespettatori, tutte le altre hanno gli stadi mestamente vuoti.

Bisognerebbe innanzitutto liberare il calcio dall'asservimento alla pay-tv, creando un sistema virtuoso in cui le società ricevono soldi se il loro centro di interesse diventa il tifoso e lo sviluppo economicamente sano.
Mettere in relazione l'entità delle risorse destinate alla Lega Calcio con la media spettatori (allo stadio), considerando come fattori penalizzanti: anticipi, posticipi, maggior numero di partite teletrasmesse. Dopodiché distribuire le risorse premiando le società più virtuose; quelle che puntano sui tifosi e non sulle tv. Ad esempio: quelle che hanno più tifosi che vanno allo stadio (anche in riferimento al loro territorio), quelle che attuano politiche contro il caro-biglietti (specie per i settori più popolari), quelle che non penalizzano i tifosi in trasferta (per esempio rinchiudendoli in gabbie o spedendoli al terzo anello, o con l'eccessiva burocrazia).
Altri parametri potrebbero essere: i bilanci in ordine, l'assenza di debiti, i tetti salariali, quanti minuti giocano i ragazzi della Primavera durante l'intero torneo...

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