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Il sistema calcio schiavo e complice delle pay-tv

05 - 06 - 2006

Tratto da "Stadio" del 12-04-2006.

Molto critica Sky, come si evince dal commento del direttore della comunicazione Tullio Camiglieri: "Apprendiamo con sorpresa che in una città come Milano non si può giocare il derby alle 20.30. Innanzi tutto ci sembra che questo provvedimento punisca soprattutto i tifosi che alle 18 di venerdì lavoreranno e non potranno vedere la partita. Ma punisce anche chi ha investito sul calcio, come Sky e Mediaset che hanno i diritti pay delle partite. Sarebbe bene pensare realmente ad affrontare il problema della tutela dell'ordine pubblico negli stadi, senza misure demagogiche e punitive".

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Le partite, una volta, si giocavano tutte alla domenica pomeriggio.
Il derby Milan-Inter di Aprile doveva giocarsi di sabato sera, alle 20.30 della vigilia di Pasqua. Il Milan, poi, causa impegni di Champions, ne chiese lo spostamento alle 20.30 del Venerdì Santo. Una decisione contestata dal Vaticano, giacché l'orario era in concomitanza con le celebrazioni della Via Crucis guidate dal Papa Benedetto XVI che si sarebbero tenute a Roma, al Colosseo. Il Prefetto di Milano, Gian Valerio Lombardi, decideva poi d'anticipare l'orario d'inizio alle 18, per motivi di ordine pubblico "in considerazione delle recenti forti contestazioni nei confronti della squadra interista".
Praticamente per decidere la data e l'orario di una partita è stato necessario sentire la Figc (che ha programmato i calendari secondo le logiche della pay-tv), le due società, il Vaticano, il Prefetto, il questore, i comandati provinciali di Carabinieri e Guardia di Finanza, l'assessore allo sport. Si sono ascoltate tante persone, ma non le migliaia di persone che vanno allo stadio.
Le pay-tv si sono lamentate parlando di un provvedimento che penalizza i tifosi. Un commento che ci fa sorridere, giacché le politiche di anticipi e posticipi, di orari assurdi, della Serie B al sabato, di anticipi al venerdì e posticipi al lunedì, delle partite in giorni e in orari che penalizzano i tifosi, le hanno introdotte proprio loro. Parlino pure dei loro interessi, non dei nostri.
Non esiste stato europeo in cui le tv a pagamento costituiscano, in media, il 55% dei ricavi delle società di calcio. Questo significa tenerle in ostaggio e deciderne le politiche. Una Pay TV che premia a dismisura le grandi società, quelle vincenti, aumenta gli squilibri e crea un circolo vizioso, in cui l'obbiettivo "vittoria" diventa irrinunciabile per la vita stessa del club. Tutto questo incentiva i comportamenti illegali, le richieste di favori, gli accordi sottobanco. E tutto questo è colpa innanzitutto dei vertici della Figc, piegati ai voleri delle grandi società, che hanno dato via libera alla contrattazione singola dei diritti tv. Questo ha prodotto grandi squilibri, per cui più della metà dei proventi dei diritti tv finisce nelle tasche delle prime quattro squadre di Serie A.
Anche l'opera di criminalizzazione ad arte delle curve non è estranea al fenomeno pay-tv. Uno dei suoi fini è quello di spostare sempre più persone dagli stadi per farle accomodare in un salotto, davanti ad una tv dotata di decoder.
NE' SPETTATORI NE' CONSUMATORI – NEL CUORE DEGLI ULTRAS GLI ANTICHI VALORI!

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