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La crociata contro gli ultras

07 - 11 - 2009

L'articolo che segue, del 6 novembre 2009 a firma Matteo Mascia, è stato tratto dal quotidiano Rinascita.

La crociata contro gli ultras

Da poco più di due settimane è iniziata l'ennesima campagna mediatica contro gli ultras. La scintilla è stata data da alcune recenti dichiarazioni di Fabio Capello. L'attuale commissario tecnico della nazionale inglese è infatti intervenuto ad un seminario organizzato dalla Figc a Coverciano. L'ex allenatore di Roma e Real Madrid ha parlato della sua personale esperienza nel rapporto con le tifoserie. "Purtroppo gli ultrà fanno tutto quello che vogliono - ha dichiarato l'ex centrocampista friulano -. Allo stadio si può insultare tutto e tutti. In Spagna invece c'è grande rispetto e le famiglie vanno allo stadio con i propri bambini: è un altro mondo".
Le parole di Capello sono state prese come oro colato da quasi tutta la stampa nazionale. La stessa che ogni lunedì è abituata a pubblicare acriticamente quanto contenuto nei comunicati diffusi dalle questure dello Stivale. Lista di diffidati, conta dei danni, denunce dei benpensanti in servizio permanente. Nessuno si azzarda a rompere questa consuetudine, almeno sui quotidiani. Numerosi saggi invece hanno descritto il panorama ultras e soprattutto l'altra parte della barricata; celerini e carabinieri. Il mondo dei reparti mobili della Polizia è stato recentemente descritto da Carlo Bonini nel suo "Acab" (Einaudi Stile Libero), acronimo di All cops are bastards (Tutti i poliziotti sono bastardi). L'autore ha raccolto le testimonianze di un osservatore d'eccezione, Michelangelo Fournier, il dirigente che parlò di "macelleria messicana" durante la sua deposizione al processo per i fatti avvenuti nel 2001 durante il G-8 di Genova. Il funzionario racconta come numerosi reparti della celere vivano dei veri e propri rapporti di ostilità con alcune tifoserie o alcuni gruppi delle curve italiane.
Il tifoso è un essere da eliminare: tutto, o quasi, è considerato lecito. Un andazzo di cui si sono accorti anche all'estero in occasione della partita di Champions League Roma - Manchester United dell'aprile 2007. In quell'occasione si era addirittura sfiorato l'incidente diplomatico. Gli obiettivi dei fotografi presenti sulla pista d'atletica dell'Olimpico avevano infatti registrato le "cariche di alleggerimento" - queste le parole utilizzate dai dirigenti del Viminale - portate avanti dagli agenti presenti intorno al settore ospiti. Londra non aveva mandato giù i fotogrammi che mostravano chiaramente che alcuni carabinieri malmenavano i tifosi Reds impugnando il tonfa d'ordinanza (manganello) al contrario.
Si potrebbe ricordare anche l'omicidio del tifoso laziale Gabriele Sandri, ucciso in un'area di servizio lungo l'autostrada del sole. L'agente della Polstrada responsabile è stato condannato in primo grado per omicidio colposo. Il collegio giudicante del tribunale di Arezzo non ha accolto le richieste del pubblico ministero che chiedeva la condanna per omicidio volontario con dolo eventuale.
La criminalizzazione dei frequentatori delle curve non finisce qui. La diffida, il provvedimento utilizzato per impedire l'accesso ad ogni tipo di manifestazione sportiva, è una sanzione amministrativa. Gli organi di polizia decidono quindi della libertà di un cittadino senza passare per le aule dei tribunali. Le misure possono essere anche molto stringenti; il Daspo - sigla che identifica la diffida - può avere una durata massima di sei anni ed impedire l'accesso a tutto il territorio del Comune dove una determinata squadra si trovi a giocare. Nel caso poi venga inflitto anche l'obbligo di firma, il destinatario dovrà di fatto rinunciare ad ogni tipo di spostamento dalla propria città di residenza in contemporanea allo svolgimento di una partita. Ovviamente, nel caso di gravi indizi di colpevolezza, provvedimenti simili sarebbero sacrosanti, specie se ad irrogarli fossero giudici terzi ed imparziali. La facilità con cui vengono invece assunti rischiano di farli assomigliare a strumenti odiosi, rimedi molto lontani da quelli che dovrebbe applicare un ordinamento giuridico civile. Spesso poi, quando dopo anni si celebrano i processi per i fatti per cui i tifosi sono stati diffidati, gli imputati vengono assolti per insufficienza di prove. Decine e decine di sentenze provano quindi questa grande ingiustizia di cui nessuno parla.
Tornando poi al calcio straniero, affermare che nel resto d'Europa gli scontri di piazza o le risse sulle gradinate degli stadi siano un ricordo del passato è una colossale falsità. Il modello inglese ha semplicemente spostato all'esterno degli stadi le liti tra hooligans. È successo anche lo scorso agosto prima dell'incontro di Carling Cup tra il West Ham e il Millwal. Il derby dell'Est di Londra. Un uomo è stato accoltellato ad Upton Park nei pressi dell'ingresso dello stadio che ospita le partite del West Ham, squadra allenata da Gianfranco Zola. In Italia è stata data scarsa eco agli avvenimenti londinesi, farlo avrebbe significato interrompere il leitmotiv che da anni accompagna la totalità delle trasmissioni sportive.
Dire che comandano gli ultras è poi un facile espediente per non parlare dei veri problemi che affliggono il calcio nostrano. Si potrebbe iniziare a parlare della crisi che da anni vivono i campionati dilettantistici della Figc. Soprattutto le squadre dei piccoli centri sono costrette a far appendere le scarpette al chiodo ai loro calciatori. Sempre nei campionati regionali, iniziano a girare ingenti somme di denaro. Soldi che drogano il sistema e pongono le squadre non appoggiate da potenti gruppi imprenditoriali nella posizione di non poter competere con le corazzate che arrivano a tesserare sportivi provenienti dai massimi campionati nazionali.
Inoltre, se davvero comandassero gli ultras, questi impedirebbero alle pay-tv di condizionare i calendari o di pagare miliardi di euro per i diritti televisivi.
Lo "spezzatino" - con giornate di campionato divise tra anticipi e posticipi per sole esigenze televisive - è stato sempre combattuto dagli ultras di tutte le curve italiane. Lo slogan "Contro il calcio moderno" è riportato ormai su centinai di drappi esposti ogni domenica sulle gradinate d'Italia. La maggior parte degli introiti delle squadre italiane, quasi l'80%, è rappresenta dalla cessione dei diritti televisivi a radio e televisioni, mentre, al contrario, fuori dai confini nazionali, le televisioni non rappresentano la principale fonte di guadagno, le tariffe sono state in qualche modo calmierate. I bilanci delle società di Serie A, alcune delle quali quotate in borsa, rappresentano un altro tasto dolente. Le compagini più blasonate del nostro campionato sono anche quelle più indebitate. Banche ed erario i principali creditori dei presidenti nostrani, ormai abituati ad essere trattati con molta riverenza anche dalla classe politica
Non è raro infatti che i presidenti bussino alla porta di enti locali e regioni nella speranza di ricevere una qualche forma di aiuto economico. L'Italia vuole presentare la propria candidatura per i campionati europei del 2016 e molti amministratori locali scalpitano per avere un posto al sole. C'è il rischio però che i soldi pubblici impiegati per la realizzazione dei nuovi impianti, che poi dovrebbero essere ceduti ai privati, servano alla fine per ripianare i debiti delle società che spendono più di quanto nelle loro possibilità.
Il sistema deve essere totalmente ripensato, magari togliendo un po' di potere alle televisioni. Gli ultras e i tifosi in generale vogliono solo che si torni a parlare di sport.

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