Dicono di noi..Piacenza-Parma, playoff: ricordi indelebili e incroci che ritornano Stampa
Vita di Curva - 2016 / 2017
Giovedì 25 Maggio 2017 10:14

Pubblichiamo da Sport People il resoconto relativo alla trasferta di Piacenza del 21 maggio 2017.

 

 

Lo stadio Garilli è innanzitutto un ricordo nitido e asfissiante della mia infanzia calcistica. Nitido perché il Piacenza era quella squadra composta da soli italiani, capace di conquistare salvezze su salvezze fungendo da rampa di lancio per molti giovani, nonché da dolce culla dove chiudere la carriera per tanti mostri sacri del nostro pallone (su tutti ricordo lo Zar Pietro Vierchowod e Tatanka Hubner, ma la lista sarebbe molto più lunga). Asfissiante perché la squadra per cui ho sempre fatto il tifo sin da piccolo – la Roma – al Garilli inciampava regolarmente.

Non voglio metter davanti il mio ego di tifoso (di cui fregherà il giusto ai lettori) ma per contestualizzare questo racconto va detto che il primo pensiero che mi sovviene quando qualcuno nomina Piacenza, è una rete in rovesciata di Fabian Valtolina. Stagione 1997/1998, avversaria di turno – manco a dirlo – la Roma, riacciuffata per i capelli sul 3-3 dopo aver condotto persino 1-3.

Così come indelebile è rimasto nella mia mente proprio un Piacenza-Parma stagione 1998/1999. Risultato finale 3-6, in campo con i padroni di casa proprio quell’Alessandro Lucarelli oggi capitano dei ducali e fischiatissimo dal pubblico biancorosso.

Sono passati oltre vent’anni. Il calcio è mutato profondamente, così come gli stadi e i tifosi che man mano hanno smesso di popolarli. Quel Piacenza tutto italiano ha conosciuto il suo apice per poi imboccare lentamente una parabola discendente che l’ha portato sino alla Serie D, lo scorso anno.

Eppure – come diceva un noto poeta genovese – dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori. Quel “letame” rappresentato dal dilettantismo, come spesso succede, ha contribuito a riaccendere la miccia della passione per un’intera città. Chissà, forse in questi casi ci si rende inconsciamente conto di quanto navigare nelle serie più alte divenga sempre più sinonimo di restrizioni della propria libertà e soprattutto della libertà di vivere il tifo in maniera genuina e senza troppi limiti.

Sebbene Piacenza non sia mai stata una passeggiata per nessuno, grazie a una tifoseria piccola ma arcigna e orgogliosa, ai tempi della Serie A è spesso stata la vera e propria “Cenerentola” del campionato. Pur presenziando ovunque. Parliamo di un’altra era geologica, dove anche le grandi tifoserie rappresentavano ancora un porto sicuro per numeri e compattezze e il confronto era quindi assai duro da fare. Il declassamento e i mutamenti degli ultimi lustri hanno silenziosamente spinto i supporter piacentini ad amalgamarsi meglio, finendo per costituire una bella realtà, in grado di mettersi in mostra nelle recenti stagioni: questa è la forza della provincia nel 2017

Non tutti i mali vengono per nuocere insomma. È una massima che le due tifoserie debbono aver fatto loro, trovandosi di fronte avversarie storiche come Cremonese e Reggiana a distanza di parecchi anni e tornando a poter girare lo Stivale con un certo margine di libertà (ovviamente rapportato sempre alla repressione del 2017).

La concezione del calcio e della curva di queste zone mi piace perché rispecchia fondamentalmente i suoi avventori. Sembra che la nebbia, fedele compagna di tante giornate, riesca a conservare nei cuori della gente gli antichi odi e gli amori primordiali, l’attaccamento alla propria terra e l’orgoglio di mantenere all’interno nei propri confini comunali le proprie identità e le proprie tradizioni, issando i propri colori al centro di una bandiera ideale che – per ognuno – deve sventolare più in alto possibile all’interno della Pianura Padana.

Incroci e derby che tornano e che anche in questa calda serata di maggio fanno da proscenio al secondo turno dei playoff.

Sono circa settemila i biglietti venduti e avvicinandomi a piedi all’impianto della Galleana, dopo essermi divincolato nel bel centro cittadino, mi imbatto sempre più in tifosi con la sciarpetta al collo. Il “Piace”, come lo chiamano da queste parti, ha disputato una buona stagione e ora è chiamato a dare conferme alla propria gente. Contro un’avversaria partita a razzo per centrare la promozione diretta e finita a giocarsi la difficile lotteria degli spareggi.

Le bancarelle che circondano lo stadio brulicano di tifosi intenti a bere birra e ingurgitare panini. Sembra di vedere un bel connubio tra giovani e vecchi, con un’ampia presenza femminile che tuttavia – a differenza di molti altri posti – non tende all’appariscenza. Anche le donne qui sembrano ben inquadrate nel discorso curvaiolo e l’impressione generale che ho è di un movimento ultras con una sua forte identità.

Mezz’ora prima del fischio d’inizio decido di metter piede sul manto verde del Garilli. Laddove, anni prima, si sono avvicendate le esultanze di Pasquale Luiso, gli interventi di Cleto Polonia e le parate di Massimo Taibi. Eroi indimenticabili della mia infanzia. È una piccola emozione, non lo nego. Qualcosa che tiene in vita quel cordone ombelicale in grado di legarci alle figurine Panini o ai gol di 90° Minuto.

Rispetto alla pioggia battente di Parma-Reggiana quest’oggi è il sole a farla da padrone. Raggi che si infrangono sul tartan della pista d’atletica, rilasciando un calore afoso che costringe i più a togliersi giacche e felpe.

Il settore ospiti comincia man mano a popolarsi. Sono milleseicento i biglietti venduti ufficialmente, anche se a occhio nudo mi sento di dire che i presenti sono qualcosa in meno. Sicuramente a livello numerico era lecito aspettarsi una maggiore partecipazione da parte dei tifosi ducali, ma anche qui c’è il rovescio della medaglia: le trasferte di massa da sempre rappresentano momenti in cui raramente si assiste a un tifo di buona fattura.

Volano le prime offese tra le due fazioni mentre le squadre fanno il loro rientro negli spogliatoi, ultimando la fase di riscaldamento e lasciando il terreno di gioco ai fotografi.

Si riscaldano i motori e da lì a poco le due curve si mettono in mostra con le rispettive coreografie. Niente di troppo elaborato, sia chiaro, ma apprezzabile proprio per questo. Su fronte piacentino i Distinti si colorano prima con una sciarpata e poi con diverse torce e fumogeni, mentre dall’altra parte i parmigiani espongono un bel bandierone copricurva, facendo anch’essi ricorso alla pirotecnica. La gara di andata degli Ottavi di finale è ufficialmente iniziata.

Il Garilli – va detto – non è esattamente quello che si può definire “uno stadio adatto al tifo”. L’impianto emiliano è dispersivo e lontano dal campo. Anche se, rispetto al passato, gli ultras di casa essendo collocati in Distinti anziché in Curva Nord, possono quantomeno sfruttare la copertura che li sovrasta per far rimbombare i propri cori. Buona la loro performance che si contraddistingue per le tante manate, i cori tenuti a lungo e le torce accese qua e là durante la partita.

Anche la tribuna coperta sembra apprezzare e sovente segue il tifo battendo le mani. Questo può sembrare un aspetto marginale, ma credo che ovunque permanga un minimo legame tra la tifoseria “normale” e quella organizzata ci possano essere i presupposti per allargare i propri orizzonti e i propri ranghi. Ergo: l’isolazionismo o l’elitarismo altro non sono che il preambolo di una morte sicura per gli ultras.

E con questo concetto ci si può tranquillamente ricollegare ai Boys del Parma. Un gruppo che da sempre ho visto attento anche alle sue dinamiche “esterne”. Ho l’idea che la Nord abbia come concetto di base quello di includere chiunque tifi Parma, in maniera da poterlo coinvolgere nelle proprie iniziative e creare un unico blocco compatto durante le partite. Poi, è ovvio, quando parliamo di una curva è come se guardassimo una grande famiglia da fuori: ognuno ha il suo compito e non si può pretendere che il lanciacori abbia gli stessi oneri e onori del tifoso che occupa l’ultima fila del settore. Ma se tutti e due si sentono legati dallo stesso senso di appartenenza e si muovono per la stessa finalità, allora come tifoseria si è già ottenuta una piccola vittoria. Soprattutto nell’era della disgregazione.

Avevo lasciato gli ultras parmigiani al derby con la Reggiana. Una prestazione sottotono. Li ritrovo quest’oggi in ottima forma, a conferma che in quell’occasione si è trattato di un passo falso importante ma casuale (a chi non è mai capitato di fallire in un derby o in una partita importante?). Il ritmo del tamburo carica i presenti e come sempre il lavoro fatto in balaustra coordina al meglio il tifo, che risulta compatto, continuo e colorato.

In campo le squadre faticano ad affondare il colpo e alla fine l’incontro termina con uno 0-0 che sicuramente torna più utile agli ospiti. Il Piacenza sarà infatti costretto a vincere al Tardini per passare il turno. Un’impresa tutt’altro che facile.

Non ho molto tempo per immortalare gli istanti successivi al fischio finale. L’ultimo treno per Bologna partirà da lì a poco e non posso proprio permettermi di perderlo, pena dormire tra le strade di Piacenza.

Mentre cammino velocemente in direzione stazione sento i cori delle due tifoserie, che dopo aver salutato le squadre continuano a beccarsi senza esclusione di colpi. La contesa non è chiusa ma la Lega Pro ha regalato a realtà come quelle di Piacenza e Parma un romantico tuffo nel passato che – sono certo – nessuno sta veramente maledicendo.

[FONTE: Sport People]