In ricordo di Stefano Furlan e delle altre vittime del calcio italiano |
Venerdì 01 Marzo 2013 16:18 |
Dopo 19 giorni di coma, il 1 marzo del 1984 si spense Stefano Furlan. Questo il ricordo ripreso dal sito Arrexini.
Oggi ricorre il ventinovesimo anniversario della morte di Stefano Furlan, tifoso della Triestina morto il 1 marzo del 1984, dopo diciannove giorni trascorsi in coma profondo. Il suo calvario ebbe inizio il 9 febbraio in seguito a delle gravi lesioni cerebrali, causate dalle percosse infertegli dalla polizia il giorno prima nel post partita Triestina-Udinese valevole per la Coppa Italia. Si è appena conclusa una partita molto sentita da entrambe le tifoserie, trattandosi del derby del Friuli Venezia Giulia. I tifosi triestini tentano un contatto con i rivali. La polizia carica ripetutamente e lancia lacrimogeni per disperdere i tafferugli. Nel fuggi fuggi generale c’è anche Stefano che viene fermato da alcuni poliziotti e, secondo alcuni testimoni oculari dell’epoca, diviene oggetto di un’aggressione selvaggia da parte delle forze dell’ordine. Il 9 febbraio Stefano accusa dei forti dolori alla testa. Viene portato dalla madre in taxi all’ospedale, dove gli viene riscontrata una frattura all’osso temporale tale da necessitare un immediato ricovero in neurochirurgia. Muore il 1 marzo del 1984 dopo diciannove giorni trascorsi in coma profondo. Da allora la curva degli ultras triestini è intitolata proprio a Stefano Furlan. Nel novembre 1985, la Corte di Assise di Trieste condannò un agente, ritenuto responsabile delle manganellate, a un anno di reclusione (con i benefici). Il 2013 è iniziato con il ricordo, da parte delle rispettive tifoserie di appartenenza ma non solo, di alcuni ragazzi morti all’interno del contesto calcistico italiano (Celestino Colombi, Ermanno Licursi, Vincenzo Claudio Spagnolo, Salvatore Moschella, Fabio Di Maio, Maurizio Alberti, Stefano Furlan). Il 4 febbraio vi è stata inoltre la ricorrenza del nono anniversario della morte di Valery Melis che, dal momento che le cause della sua morte non sono legate al mondo del calcio, non verrà menzionato in questo articolo ma, essendo un Ultrà del Cagliari, troverà presto spazio nelle pagine di questo portale. Non possiamo esimerci dal ricordare i tifosi che non ci sono più, che riteniamo importanti quanto quelli che ancora ci sono e che continuano sognare dietro ad un pallone, ad amare la propria squadra e la propria città, e a lottare contro un calcio che non promette nulla di buono. Le nuove strade che il mondo del calcio sta percorrendo assestano infatti mille colpi a questa incrollabile fede. Forse per i bambini che si stanno appassionando adesso al gioco del calcio è diverso, ma è indubbio che, per chi ha più di vent’anni, assimilare gli ultimi radicali cambiamenti del gioco del calcio, come le quotazioni in borsa delle squadre, le esorbitanti cifre per i diritti televisivi delle partite, e la repressione, non sia facile. Il cosiddetto “calcio moderno” è ormai uno spauracchio da esorcizzare, e sembra proprio che molti tifosi continuino ad esserlo nel ricordo e nel rispetto di chi non c’è più. Non tutti i tifosi di calcio infatti sono uguali, e non tutti vanno allo stadio per gli stessi motivi. La maggiorparte lo fa per soddisfare il bisogno di svago nell’unica giornata di riposo, ma per altri la partita è qualcosa di più che un evento sportivo a cui assistere come semplici spettatori. Il tifo può manifestarsi nelle forme più disparate tramite un “agire disinteressato” che comporta sacrifici, rinunce, problemi familiari e lavorativi a causa della scelta fatta di seguire assiduamente la squadra del cuore, per la quale sono disposti ad affrontare spese economiche, atti di violenza, e talvolta, come capita, la morte. Come si muore di calcio? Troppo spesso si pensa che le morti nel mondo del pallone siano avvenute esclusivamente a causa della violenza degli ultrà. Idea tanto diffusa quanto assolutamente non corretta e soggetta a strumentalizzazioni. Dai primi casi di Augusto Morganti e Giuseppe Plaitano, fino al noto episodio di Gabriele Sandri, troviamo infatti una ricorrente responsabilità diretta delle forze dell’ordine, passando per vicende come questa di Stefano Furlan, o di Celestino Colombi e Fabio Di Maio con morti arrivate in seguito ai pestaggi delle stesse forze di polizia. Abbiamo ancora avuto episodi di vera e propria malasanità come nel caso di Maurizio Alberti a La Spezia, dovuti alla fatiscenza degli impianti sportivi come nel caso di Eugenio Bortolon, tragici episodi come la caduta di Massimo “Cioffi” per arrivare a quelli dovuti a scontri, o singoli episodi di varia natura con protagonisti ragazzi di tifoserie avversarie (Marco Fonghessi, Nazzareno Filippini, Antonio De Falchi, Salvatore Moschella, Vincenzo Claudio Spagnolo, Antonino Currò). Diversi motivi ma stesso incancellabile dolore che fatalmente dopo qualche giorno di titoli a caratteri cubitali, servizi e accuse incrociate finisce per cadere nel dimenticatoio per opinionisti e gente comune. Ma non sicuramente per chi con quei ragazzi ha condiviso una passione. Come le curve non smettono mai di fare, partita dopo partita, anche noi vogliamo chiudere ricordando i 29 tifosi morti del calcio italiano.
[FONTE: Arrexini]
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