Paolo aspetta giustizia! Stampa
Lunedì 10 Dicembre 2012 14:39

Venerdì 7 dicembre 2012 a Verona si è svolta l'udienza del processo che vede otto poliziotti imputati per il pestaggio a Paolo Scaroni, ultras del Brescia. Qui di seguito riportiamo il racconto della redezione di liberiditifare.altervista.org e quello degli Ultras Tito.

 

Otto anni di carcere per le accuse di lesioni gravissime, e accuse di falsa testimonianza per due funzionari della loro questura. E’ pesante la pena chiesta dal pm di Verona Maria Beatice Zanotti per gli agenti bolognesi accusati del pesante pestaggio ai danni di Paolo Scaroni, il tifoso del Brescia da allora invalido.

I fatti risalgono al 24 settembre 2005, e a distanza di tanti anni la sentenza potrebbe arrivare già il prossimo 18 gennaio. Come ricordato (in un articolo del 17 luglio) a dare la svolta al processo è stata la testimonianza di un testimone oculare, sentito assieme ai macchinisti dei treni fermi in stazione al momento del pestaggio.

Le parole del pm in aula sono riportate stamane sulle colonne di Bresciaoggi: «Nel corso del processo Scaroni ha detto di essere stato pestato da più persone con manganelli impugnati al contrario: non ci sono motivi per dubitare dell´attendibilitá della vittima. Sono state avanzate altre ipotesi, tutte smontate. Dalle perizie emerge chiaramente che le ferite riportate da Scaroni sono compatibili con i manganelli in dotazione alla polizia. Ci sono state difficoltà oggettive a proseguire nelle indagini. Abbiamo riscontrato una certa riluttanza da parte delle forze dell´ordine a fare emergere quanto accaduto in stazione. Tutti sono stati sentiti, nessuno ricorda di aver visto qualcuno picchiare Scaroni e non ricorda nemmeno di aver visto un ragazzo a terra. Non bastassero le indagini difficoltose, ci siamo trovati davanti a un filmato della Scientifica monco roprio dei secondi del pestaggio. Non ci sono le immagini di ciò che cerchiamo, tutti dicono di non sapere nulla, ma le sfasature nei video proprio in quegli istanti, dicono che anche altri sapevano. Ho letto il manuale che viene dato in dotazione agli agenti: ebbene, lì c´è scritto che in nessun modo deve essere colpita una persona alla testa e men che meno deve essere colpita una persona che si trova a terra. É spiegato che il manganello deve essere impugnato correttamente e non al contrario. Una serie di testimonianze dicono che queste cose non sono state rispettate. Noi possiamo dire con certezze che qualcosa é accaduto, al contrario delle forze dell´ordine, quando dicono di non aver visto niente. Noi sappiamo che in quella zona in quei secondi si trovava solo la squadra di Bologna: purtroppo non sappiamo distribuire l´azione individuale, ma la colpa é da attribuire a tutti coloro che erano li, perché la squadra è un´unità inscindibile, deve muoversi compatta e fa della coesione la sua forza. Faccio fatica, invece, a estendere le responsabilità a chi dirigeva le operazioni perché nell´ordinare la carica non poteva sapere che i suoi uomini avrebbero agito contravvenendo a quanto scritto nel manuale».

All’udienza hanno assistito anche alcuni tifosi del Brescia che hanno voluto accompagnare Paolo Scaroni. In solidarietà sono giunti a Verona anche gruppi ultras del Milan, dell’Atalanta, del Cesena, dell’Udinese e persino cinque persone del Saint Etienne. Dopo aver fatto una breve manifestazione in stazione, i tifosi si sono diretti a piedi al tribunale per assistere al processo.

[FONTE: Liberi di Tifare]

 

07/12/2012 - Partiamo di buon’ora, l’orologio segna le cinque del mattino. Un freddo caino, un caffè al volo in attesa di esserci tutti e via, destinazione Verona. Non per assistere ad una partita, tutt’altro. A Verona ha luogo l’udienza del processo che vede otto poliziotti imputati per il pestaggio di Paolo Scaroni. Era il 24 settembre 2005 quando, in procinto di rientrare dalla trasferta al seguito del Brescia a Verona, i tifosi bresciani presenti in stazione furono selvaggiamente caricati dalle forze dell’ordine. Una carica tanto violenta quanto ingiustificata. Paolo venne picchiato selvaggiamente, tanto da rimanere in fin di vita, in coma per moltissimo tempo. Paolo però ce l'ha fatta, a differenza di altri ragazzi, uccisi per mano delle forze dell’ordine, sopravvive, si risveglia dal coma ed è in grado di raccontare come sono andate le cose. Oggi a Verona si scrive una nuova pagina di questo processo che dura ormai da anni. Il viaggio scorre veloce e così alle otto siamo alla stazione centrale di Verona. È proprio in stazione che ci ricongiungiamo con i ragazzi appartenenti ad altri gruppi ultras che, come noi, sono presenti a Verona per presenziare a questo processo che, si spera, possa ridare giustizia a Paolo. Davanti al tribunale oltre duecento ragazzi. Alla sbarra otto poliziotti che faticano non poco a trovare parole per rispondere alle domande degli avvocati e dei giudici. Otto anni di reclusione, di cui sei per lesioni volontarie gravissime, più altri due per l’aggravante dell’uso delle armi: questa la richiesta dei PM per 7 degli otto poliziotti. L’udienza è rinviata al 18 gennaio. Bisognerà aspettare ancora, ma ciò che conta è che al più presto venga fatta giustizia. Durante il ritorno da Verona, lungo la strada che ci riporta a casa, torniamo con al mente al processo: quanto successo nel 2005 a Verona è risaputo e sotto gli occhi di tutti. Un ragazzo ha pagato carissimo, quasi con la vita, e i segni di quei momenti li porta addosso ogni giorno. Le forze dell’ordine, quelli che dovrebbero difendere i cittadini, hanno picchiato, massacrato, quasi ucciso... eppure eccoci qui, ancora in attesa di giustizia. Poteva succedere a uno di noi, a qualsiasi ragazzo che, con una sciarpa al collo, fosse in trasferta per vedere la propria squadra. Quando questo processo avrà fine, e quando (speriamo) sarà stata fatta giustizia per Paolo, allora bisognerà domandarsi cosa può essere fatto affinché non succeda più, affinché non ci sia un altro Paolo in un'altra città. Chissà, magari un primo passo potrebbe essere fatto mettendo in pratica una richiesta che da anni invochiamo a gran voce: codici di riconoscimento su caschi e divise. Chi ha sbagliato deve pagare, deve assumersi le sue responsabilità. Ciò dovrebbe valere sia per il libero cittadino sia per chi indossa una divisa.

Paolo aspetta ancora giustizia!

[FONTE: Ultras Tito Cucchiaroni]