Processo Scaroni, il racconto di un tifoso: «Così quei poliziotti pestarono l’ultrà» Stampa
Lunedì 16 Luglio 2012 18:33

Testimonianza-choc. Otto gli agenti imputati per gli scontri alla stazione dopo la partita Hellas-Brescia del 2005. Il perito: «Botte compatibili con il manganello».

 

VERONA - Gli sono bastati una manciata di minuti. La sua, a conti fatti, si è rivelata una delle deposizioni più brevi da quando è iniziato il processo. Le parole che non ha esitato a pronunciare, però, sono di quelle destinate a lasciare il segno: «Ho visto che, mentre Scaroni si trovava steso a terra, alcuni poliziotti che lo circondavano continuavano a picchiarlo». Accuse senza dubbio pesanti quelle lanciate venerdì mattina da un tifoso chiamato a deporre dalla parte civile (rappresentata dall’avvocato Alessandro Mainardi) di fronte al Tribunale collegiale presieduto dal giudice Marzio Bruno Guidorizzi (a latere i colleghi Giorgio Piziali e Cristina Angeletti) al processo incentrato sulle «lesioni gravissime» costate al supporter del Brescia Paolo Scaroni, oggi 34enne, un’invalidità civile al cento per cento e, soprattutto, una vita compromessa per sempre.

Un’ipotesi di reato che viene contestata a otto agenti (Luca Iodice, Antonio Tota, Massimo Coppola, Michele Granieri, Bartolomeo Nemolato, Ivano Pangione, Vladimiro Rulli e Giuseppe Valente) che, all’epoca (il 24 settembre 2005), risultavano in servizio alla Celere di Bologna. Un’udienza, quella di venerdì, che ha comunque riservato anche un altro momento- chiave: in aula, infatti, il consulente della procura, Zeno de Battisti, ha dichiarato che «le lesioni riscontrate alla testa di Scaroni potrebbero essere compatibili con l’utilizzo di un manganello». L’uso del condizionale, in ogni caso, risulta d’obbligo: da parte dell’esperto, infatti, è stato anche affermato che «la vittima ha subìto colpi alla testa, compatibili in linea generale con l’uso di un materiale contundente liscio». In tal senso, a suo avviso, l’utilizzo di un manganello «non si può escludere» anche se, d’altro canto, potrebbe pure trattarsi dell’effetto di una «pietra liscia e tonda ». Al consulente del pm, il caso di Scaroni era stato sottoposto dalla procura (rappresentata all’epoca dal pubblico ministero Pier Umberto Vallerin, a cui è attualmente subentrata la collega Maria Beatrice Zanotti) a tre mesi di distanza da quel famigerato 24 settembre di sette anni fa e ieri, in tribunale, il professor De Battisti ha fatto più volte riferimento alla relazione depositata già all’epoca alla magistratura.

Sempre venerdì, nel corso dell’udienza che si è tenuta all’ex Mastino, hanno preso la parola altri due testimoni: si trattava, innanzitutto, di un altro tifoso, che ha spiegato in sostanza di aver assistito agli scontri tra la polizia e gli ultrà ma di non aver visto in prima persona le botte inferte a Scaroni. Infine, quarta e ultima, si è registrata in aula anche la deposizione di un agente (collega degli imputati) che, tuttavia, ha riferito di non ricordare elementi utili in merito ai tremendi istanti su cui verte l’intero caso. Un processo che, alla prossima seduta in aula, approderà finalmente alla fase cruciale: ad aprire l’udienza calendarizzata per dicembre, infatti, saranno innanzitutto gli imputati stessi (o, meglio, coloro che sceglieranno di sottoporsi all’esame delle parti); subito dopo, quindi, scatterà l’attesissima discussione, con la requisitoria del pubblico ministero e le accalorate arringhe difensive. E per Scaroni (anche ieri presente in aula), quel giorno, il responso giudiziario sarà veramente a un passo. A sette anni di distanza da quel momento destinato, purtroppo, a segnargli per sempre l’esistenza.

[FONTE: Corriere del Veneto]

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