Scontri Roma-Napoli 2008: Giustizia fatta. Una bufala costata dieci anni di repressione Stampa
Repressione e Calcio Moderno - Ultras Liberi
Domenica 10 Giugno 2018 12:24

Pubblichiamo dal sito di Sportpeople un articolo riguardante i fatti di Roma-Napoli del 2008.

31 agosto 2008. Quasi dieci anni fa. Una data che funge da vero e propria spartiacque non solo per la vita e l’esistenza del tifo organizzato, ma di tutti quelli che abitualmente frequentavano e frequentano gli stadi.

Si gioca Roma-Napoli. Il Ministro dell’Interno è un tale Roberto Maroni. Da oltre un anno (dalla morte dell’Ispettore Raciti) la maggior parte delle trasferte vengono chiuse, molte gare si disputano senza tifosi e strumenti come tamburi e megafoni sono banditi dagli stadi. Sta per entrare in vigore la tanto odiata e contestata tessera del tifoso.

In controtendenza a tutto ciò Roma-Napoli viene aperta ai tifosi ospiti, che acquistano oltre 3.000 tagliandi in prevendita.

Da qui in poi è l’apoteosi della montatura mediatica e della speculazione, con il fine unico di inaugurare definitivamente la stagione della tessera del tifoso e dei divieti sistematici nei confronti dei tifosi italiani.

Sin dalle prime ore del mattimo radio e televisioni focalizzano la propria attenzione sull’“onda barbarica che carica la polizia, aggredisce il personale di Trenitalia per non pagare il treno, distrugge tutto ciò che le capiti davanti e malmena operatori televisivi”.

Nessuno dice che i supporter azzurri – nei giorni precedenti – hanno chiesto a Trenitalia di organizzare un treno speciale. Così come nessuno parla delle operazioni di accesso a bordo incredibilmente rallentate (malgrado quasi tutti abbiano acquistato i tagliandi alle macchinette automatiche o addirittura il giorno prima) e delle innumerevoli soste effettuate dal convoglio una volta partito da Napoli Centrale. Rallentamenti che causano il ritardato ingresso dei tifosi campani allo stadio Olimpico (malgrado i biglietti regolarmente pagati), quando le squadre stanno già disputando il secondo tempo.

I telegiornali propongono a ripetizione le immagini degli stessi che corrono alla stazione Termini (per dirigersi sugli autobus che li debbono trasportare allo stadio) scandendo alcuni cori contro gli avversari giallorossi. Nulla di scandaloso, se non fosse che viene utilizzato ad hoc per aumentare la portata della notizia e giustificare i seguenti provvedimenti adottati dal Viminale. Si crea del clamore attorno a gente che corre dalla stazione a Piazza dei Cinquecento per salire su degli autobus, avete capito bene! Nelle immagini non ci sono cariche, spranghe, torce lanciate o tensione. Ma semplicemente ragazzi che corrono!

Ai napoletani vengono vietate le trasferte per tutta la stagione. Senza un filo di indagine e senza la possibilità di difendersi. Si fa leva sulla grande indignazione che in quel momento storico l’opinione pubblica nutre nei confronti del tifo organizzato. Sentimento fomentato a dismisura dalle istituzioni, che dopo i fatti di Catania hanno spinto per avallare e creare una situazione emergenziale, affrontata solo e soltanto con divieti e scelte repressive.

Malgrado la versione dei fatti sembri sin da subito fallace (come dimostra un bel reportage realizzato nei giorni successivi da Rainewsquiqui) si fa leva sulla presunta devastazione dell’Intercity Modigliani, che da quel giorno scomparirà misteriosamente dalle scene. Nell’inchiesta di Rainews si dice che sia addirittura tornato in servizio il giorno dopo. Di sicuro c’è che la Procura di Napoli, dopo le indagini della Digos, non parla assolutamente di devastazioni e danni al treno pari a 500.000 Euro, come asserito in un comunicato stampa dall’azienda ferroviaria.

A un anno di distanza si chiude la mega indagine sulle presunte devastazioni condotta dal p.m. Ardituro. Risultato? Il tutto viene archiviato e le uniche responsabilità del caos creatosi cadono proprio su Trenitalia.

Quest’oggi si è consumato anche l’ultimo filone giudiziario relativo a quella giornata. Quello riguardante le “rapine e le intimidazioni al personale dell’azienda ferroviaria”. Il casus belli furono delle riprese effettuate dal personale Trenitalia ai tifosi che, dopo cinque ore di attesa sulla banchina, avrebbero reagito, infastiditi, rubandola. Un reato che già in principio era stato in certo qual modo minimizzato dal personale Trenitalia, il quale aveva affermato di non aver subito il furto dai tifosi. Eppure, per questo, due tifosi erano stati condannati in primo grado rispettivamente a due anni e sei mesi. Oggi, la sentenza della Corte d’Appello ha riformato la sentenza assolvendo ambedue gli imputati e mettendo una pietra tombale su tutta la vicenda.

A dieci anni di distanza è ancora importante riportare in auge quel 31 agosto con tutti i suoi strascichi? Assolutamente sì. Per trarne importanti spunti e insegnamenti. Quella montatura mediatica diede adito a parecchi pennivendoli italiani di danzare piacevolmente sul fango che tanto amano: quello della menzogna e dell’opportunismo. Trasmissioni, prime pagine e voli pindarici… sul nulla! Quel 31 agosto aiutò il ministro Maroni (e i suoi accoliti) a realizzare quella che forse è la più grande opera repressivo/cervellotica operata nei confronti di un movimento giovanile. Diede la possibilità a strumenti para-politici come Osservatorio e CASMS di prendere piede (e lavorare a nostre spese, non dimentichiamocelo mai) e a Questure e Prefetture di fare il bello e il cattivo tempo sulla gestione dell’ordine pubblico durante le manifestazioni sportive.

Creò uno perverso ordine mentale per cui se c’è violenza al di fuori dello stadio è giusto vietare la manifestazione sacra e folkloristica per cui i tifosi italiani sono famosi in tutto il mondo.

Diede la possibilità di installare, giustificare e persino santificare uno strumento inutile, dannoso e liberticida come la Tessera del Tifoso. Strumento che all’inizio andò ad ingrossare persino le casse di determinati circuiti bancari.

La verità? Ad alcuni della morte dell’Ispettore Raciti non è mai importato molto. Anzi. Forse si sono sfregati cinicamente le mani come successe ancora più tragicamente con chi ridacchiava dopo il terremoto de L’Aquila. Perché vi hanno fiutato un possibile avanzamento di carriera (in politica e non solo). L’hanno usata e sfruttata come meglio potevano. Legiferando su una fetta di cittadini a mo’ di cavie. Potendo però farsi belli tramite i media, con le loro dichiarazioni buoniste.

Ecco perché occorre tenere sempre vivo il ricordo di quel che accadde dieci anni fa. Perché non è l’unica pagina simile che caratterizza l’esistenza del nostro Paese. Ma anche perché deve erudire e fortificare il movimento ultras. Renderlo cosciente di quanto venga usato come carne da macello. E magari, dopo oltre due lustri a queste condizioni, imparare a difendersi ed attaccare con astuzia e lungimiranza. Difendendo prima di tutto i propri diritti da cittadino.

La giustizia è come un boomerang. Prima o poi torna indietro. Prendendo dritto in faccia chi la usa a proprio piacimento.

Simone Meloni