Gad Lerner, chi conosce e si informa non ha paura Stampa
Lunedì 30 Giugno 2014 20:35

Succede, in Italia, che troppo spesso ci si trovi a cavalcare l’onda di un evento tragico per fare facili sensazionalismi e buttare giù quattro righe intrise di perbenismo e luoghi comuni, atte ad accalappiarsi qualche follower o qualche lettore in più.

 

Ed a farlo, quasi sempre, non sono gioani giornalisti alla ricerca di fama e di successo, ma bensì coloro che queste due componenti le hanno già raggiunte da tempo e potrebbero usarle per divulgare il proprio verbo in maniera saggia ed oculata, senza dimenticare da dove vengono e le regole assolute che questo mestiere teoricamente dovrebbe imporre.

Nei giorni passati ho avuto modo di leggere le riflessioni del signor Gad Lerner sui funerali di Ciro Esposito celebrati a Scampia di fronte a migliaia di tifosi provenienti da tutta Italia e non solo. Il celebre giornalista e scrittore, in passato direttore del TG1 ed attualmente conduttore della trasmissione Fischia il Vento in onda su LaEffe, ha esordito asserendo: “… il raduno a Scampia per l’estremo saluto a Ciro Esposito mi ha fatto paura. Come già quel terribile 3 maggio allo Stadio Olimpico, ci ho visto la rappresentazione plastica dell’impotenza dello Stato davanti a fenomeni sociali che ormai sono sfuggiti al suo controllo…”. Dichiarazioni alquanto opinabili e che mi lasciano a dir poco basito.

Signor Lerner, di quale impotenza dello Stato parla? La stessa che permette alle questure di comminare diffide gratuite perché un gruppo di tifosi non in possesso della tessera del tifoso (a proposito, lei che da sempre ha fatto della democrazia e della libertà d’espressione due dei propri cavalli di battaglia, sa di cosa stiamo parlando?) si è avvicinato troppo allo stadio dove la propria squadra gioca in trasferta (cfr. tifosi Bresciani in trasferta verso La Spezia, quest’anno, fermati a diversi chilometri dalla città ligure, identificati dalla polizia e fatti soggetto di un provvedimento restrittivo che a rigor di logica dovrebbe essere emesso solo verso chi mette a repentaglio l’ordine pubblico, ma penso che lei sappia di cosa parliamo…).

Oppure, visto che anche lei, in maniera sorprendentemente qualunquistica, si è voluto accodare al treno di chi si è riempito la bocca e gli editoriali con il nome di Genny a’ Carogna, le chiedo se sa che quest’ultimo è stato oggetto di Daspo per aver violato il regolamento d’uso dello Stadio Olimpico per esser entrato in campo su espressa richiesta della Questura di Roma?

Passibile per lui è stato anche aver indossato una maglietta che chiedeva non impunità ma giustizia per Antonino Speziale, il ragazzo accusato di aver ucciso l’ispettore Filippo Raciti durante gli scontri a margine della gara Catania-Palermo del 2007, un caso attorno al quale gravita più di qualche ombra e per il quale è stata da tempo richiesta la riapertura del fascicolo. Inoltre le voglio chiedere se ritiene, quest’ultimo, un aspetto trascurabile in un paese che si dice evoluto e che in più di un’occasione, attraverso i suoi principali rappresentanti istituzionali ha posto più di un quesito dubbioso sulla regolarità della magistratura e delle sue decisioni (cfr. “invasione” del tribunale di Milano da parte degli esponenti del Pdl, tra i quali l’integerrimo attuale Ministro degli Interni Angelino Alfano, in seguito alla decisione di disporre una visita fiscale per verificare il legittimo impedimento di Silvio Berlusconi), oltre al classico esempio degli esponenti leghisti che nei loro deliri di onnipotenza, facendosi forti di questa tanto decantata, ma a quanto pare faziosa, libertà d’espressione, si sono permessi il lusso di infangare, insultare e screditare impunemente chiunque gli capitasse a tiro.

Nel suo assolo parla di una gioventù che, priva di tutto, fa riferimento alle tifoserie organizzate. E quindi la colpa di chi sarebbe? Degli ultras? Il nostro paese non offre nulla, o quasi, su questo le do piena ragione. Sa che noi giovani, spesso con lauree, master e dottorati, ci troviamo a lavorare dentro call center a 4 euro l’ora per sentirci i “vaffa…” nelle orecchie da parte di persone a cui spesso si propongono vere e proprie truffe? E cosa c’entrerebbero gli ultras in tutto ciò? Lei è mai stato in una curva, oppure è il classico che parla dopo essersi documentato attraverso Wikipedia, i video di YouTube e gli articoli di qualche suo collega che fino al 2 Maggio neanche sapeva che cosa fosse un fuorigioco? Sarebbe grave se fosse così, soprattutto da parte di un professionista accreditato come lei.

Sa cosa le dico? Io che le curve degli stadi italiani non solo le ho frequentate, ma ci sono anche cresciuto. Che è vero, ha ragione, sono rimasti gli ultimi spazi di aggregazione per i nostri giovani. E fortuna che ci sono. Perché quando verranno svuotate anche queste, avremo la perfetta gioventù rintronata e pecorona che forse qualcuno sogna da tempo immemore. Nelle curve ci sono gli eccessi, come ci sono nella società di tutti i giorni.

Poi, signor Lerner, lei parla dei tanti Genny che comandano uno “spazio vuoto che è poi lo spazio crescente della disperazione sociale e della miseria culturale”. Ma forse parla dello stesso spazio vuoto che nella sua gioventù lo ha spinto a fare attivamente politica al di fuori del Parlamento? Perché se è così parliamo di due mondi, per tanti versi, uguali e speculari: pensi che in quegli anni nasceva proprio il movimento ultras che lei ora tanto demonizza, ma che non va poi tanto lontano dalle organizzazioni politiche che lei frequentava attivamente, e sulle quali, destra o sinistra che siano, non mi permetto di emettere giudizi se non dopo averle analizzate e contestualizzate nel determinato periodo storico. Anche perché ai tempi che furono non è che lo Stato vedesse tali movimenti come un qualcosa di buono e salutare.

“Un’efficace politica dell’ordine pubblico deve basarsi su un vasto consenso popolare, e il consenso si forma sulla paura, non verso le forze di polizia, ma verso i manifestanti”, diceva l’ex Ministro degli Interni Cossiga, che lei dovrebbe conoscere bene.

Insomma signor Lerner, anche se la mia parola conta meno del due di coppe quando regnabastoni, le assicuro che lo stadio è una risorsa importante e fondamentale per la nostra gioventù. Un posto dove ancora si respira il concetto di aggregazione, nonostante una repressione bieca, eccessiva e spesso inutile oltre che sempre inconcludente, semplicemente perché mai volta a risolvere i problemi, ma solo a dare punizioni esemplari a cui poi i media fanno eco ammaestrando l’opinione pubblica.

Forse è questo che le fa paura. Forse è questo che l’ha spaventata venerdì a Scampia. Tutti quei ragazzi, che non si conoscevano, ma che si stringevano la mano ed assistevano in assoluto rispetto alle esequie di uno di loro. Forse è il loro senso di fratellanza ad incuterle timore. Perché un uomo solo è facilmente manipolabile, anche e soprattutto sotto il punto di vista mediatico, mentre un gruppo di sconosciuti uniti da un qualcosa, anche da una semplice passione, è una bomba ad orologeria che rischia di saltare da un momento all’altro. Soprattutto in un momento come questo, dove gli spazi vuoti, come li chiama lei, sono troppi e sparsi ovunque.

Forse è la semplice non conoscenza di tutto questo che le mette paura. È umano, io da bambino avevo una paura incredibile dei cani, pensavo mordessero di default, non appena ti avvicinavi, poi invece ho capito che sono gli esseri più buoni esistenti sulla faccia della terra, ed ora ne ho due oltre ad averne salvato qualcuno dalla strada.

Chissà, forse un giorno capirà, se vorrà, che i tifosi, gli ultras, il tifo organizzato oltre a non mordere, non sono un coacervo di impunità e delinquenza. Come del resto non lo sono le redazioni giornalistiche. Basterebbe vedere le sfumature ed informarsi. La differenza è tutta là. La paura finisce dove inizia la conoscenza.

Simone Meloni.

[FONTE: Sport People]