Ultras Lazio liberi! Stampa
Giovedì 05 Dicembre 2013 10:48

Riportiamo da vari siti internet articoli su quanto è accaduto ai laziali a Varsavia prima della partita di Europa League. Come sempre i tifosi vengono trattati come cittadini di “serie b” senza sapere o accertarsi di quello che è realmente successo. L’introduzione è un video in cui l’Onorevole Daniele Del Grosso spiega la situazione dei 22 cittadini italiani ancora detenuti in Polonia alla Camera dei Deputati (con un breve commento anche sull’inutilità della tessera del tifoso). Ultras Lazio non mollare, liberateli!

 

 

 

 

Tifoso o cittadino


Le notizie che vorticosamente ci sono giunte dalla Polonia, una volta diradato il fumo mediatico ed ascoltate alcune testimonianze dirette, ci hanno fornito numerosi spunti di riflessione che proveremo a tradurre in punti di domanda. Interrogativi a cui dovranno preoccuparsi di dare risposta i rappresentati delle istituzioni, in particolare delMinistero degli Esteri italiano e polacco.
Alla Farnesina rivolgiamo la richiesta di spiegazioni, senza inasprire i toni, perché non nei nostri modi ma anche per evitare spiacevoli ma spesso umane reazioni prive di impersonale giudizio. Quella impersonalità che appunto si ritiene essere caratteristica fondante di uno Stato che come priorità assoluta ha quella di tutelare i suoi cittadini, garantendo loro il civile riconoscimento dei diritti di cui godono, sia sul suolo patrio che lontano da esso.
Usando un briciolo di buon senso, non una quantità eccessiva, ma un briciolo appunto, ci si dovrebbe aspettare che un numero così eccessivo di connazionali tratti in stato di arresto, rappresenti una anomalia così particolare da suscitare un minimo di curiosità non solo nei tifosi di calcio ma anche negli uffici di quell’edificio che per ironia della sorte è ubicato ad un passo dallo stadio olimpico di Roma. L’andamento di questa vicenda anomala,… purtroppo ci costringe a prendere atto, non senza una modica dose di amarezza, che la discriminazione esiste davvero, e nella fattispecie riguarda la distinzione tra il normale e quindi libero cittadino ed il tifoso calcistico.
Quanto avvenuto nella comunitaria Polonia, è stato un abuso gravissimo, compiuto da parte delle forze dell’ordine e confermato dalle autorità giudiziarie nei confronti dei tifosi italiani che in gruppo si recavano normalmente allo stadio. Abuso reso possibile dallo status di “tifosi” che in questo caso significa ultimo cittadino, significa debole, significa passibile di trattamenti irregolari proprio perchè ai danni di chi non ha difensori, di chi non dispone quindi delle stesse attenzioni da parte di chi è chiamato a rappresentarli. Siamo in presenza di una disparità di trattamento da un lato e di attenzioni dall’altro che può costituire un pericoloso precedente.
Prima che lo faccia qualche scienziato della comunicazione di massa, ci permettiamo di invitare la comunità intera ad evitare qualsiasi paragone con i trattamenti ricevuti dai supporters della nazionale d’oltre mainica nella stragrande maggioranza delle nazioni che ospitano un incontro calcistico che vede l’Inghilterra scendere in campo. Se è infatti normale che le forze dell’ordine intervengano in casi di incidenti scatenati dai tifosi è altrettanto vero che non vada loro torto neanche un capello se questi si comportano nel rispetto delle regole, e non sono di certo gli “schiamazzi” (vedi Corriere della sera di oggi ndr) diurni per giunta a rendere lecito un provvedimento cautelare così aspro e così esteso nel numero.
Che qualcuno ci spieghi insomma ma soprattutto che qualcuno batta i pugni sul tavolo delle autorità polacche, e che questa triste vicenda non cada nel dimenticatoio, almeno non prima che l’ultimo dei sostenitori laziali, abbia fatto ritorno a casa.
Auspichiamo quindi che i parlamentari europei italiani propongano una interrogazione parlamentare in cui si chiedono risposte e misure riparatorie per l’inaccettabile abuso perpetrato ai danni dei nostri concittadini.
Che si dimostri quindi che non vi è alcuna discriminazione nè disparità di trattamento se si è tifosi o non lo si è.

[FonteFondazione Gabriele Sandri]

 


Caso tifosi Lazio-Polonia: "UE deve fare chiarezza"


Roberta Angelilli, vicepresidente del Parlamento europeo: «C’è stata un’azione preventiva da parte delle Autorità polacche su diversi casi di cittadini italiani che sarebbero stati coinvolti in gravi episodi, subendo maltrattamenti, rispetto ai quali si devono delle spiegazioni all’Italia e all’Europa». Malagò: «Condotta forze ordine irrispettosa. Tutto estremamente sgradevole, aspetto un rapporto»

Fare piena luce su vicenda dei cittadini italiani fermati a Varsavia: è quanto chiede il vicepresidente del Parlamento Ue Roberta Angelilli in una interrogazione presentata alla Commissione e al Consiglio Ue in merito alla vicenda degli oltre cento tifosi laziali fermati dalla polizia polacca prima della partita svoltasi a Varsavia. “Questa vicenda, a distanza di giorni - osserva Angelilli in una nota - presenta ancora diverse zone d’ombra, su cui è doveroso fare piena luce al fine di accertare che non siano stati lesi i diritti fondamentali dei nostri connazionali all’estero. Molti episodi legati al fermo e al rinvio a giudizio dei cittadini italiani risultano poco chiari e connotati da evidenti abusi e atteggiamenti sproporzionati da parte delle autorità della Polonia”“Vi sono aspetti da chiarire - continua la vicepresidente del Pe - sia sul fronte delle modalità che delle motivazioni di questa ‘azione preventivà da parte delle Autorità polacche. In queste ore, infatti, sto continuando a ricevere segnalazioni di diversi casi di cittadini italiani che sarebbero stati coinvolti in gravi episodi, subendo maltrattamenti, rispetto ai quali si devono delle spiegazioni all’Italia e all’Europa”“Ho chiesto pertanto alla Commissione e al Consiglio - conclude Angelilli - di fare piena luce sul comportamento delleautorità di polizia e giudiziarie della Polonia e accertare se siano stati rispettati, per i nostri connazionali, tutti i diritti alla difesa e a un processo equo come sancito dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo”.

LE PAROLE DI MALAGÒ - “I fatti di Varsavia? Il tutto è estremamente spiacevole e anche sgradevole. Sto aspettando un rapporto completo perché mi sembra che qui addirittura c’è ilministero degli Esteri coinvolto. A prescindere dal comportamento di qualche singolo, c’è stato un atteggiamento delle forze dell’ordine che sicuramente ha mancato di rispetto alle norme più basilari”. Così il presidente del Coni, Giovanni Malagò, a margine della consegna dei premi Coni-Ussi svoltasi nel Salone d’Onore di Palazzo H, ha commentato gli oltre cento fermi di tifosi laziali, disposti dalla polizia di Varsavia, a poche ore dal match di Europa League Legia Varsavia-Lazio disputatosi giovedì scorso. “Non mi sento di sbilanciarmi - ha aggiunto il numero uno dello sport italiano - ma appena saremo a conoscenza di tutto, un secondo dopo sarà giusto esprimere la propria opinione al riguardo”.

[Fonte: Corriere dello Sport]


"La polizia non si è comportata bene"

Tra i tifosi biancocelesti fermati dalla polizia locale giovedì sera prima di Legia-Lazio, non ci sono solo quelli italiani, ma anche di nazionalità polacca: in particolare sono stati almeno nove i cittadini residenti in Polonia che sono stati fermati e che sono sottoposti alla normativa vigente nello stato polacco. La redazione di Lazionews24.com ha contatto in esclusiva Przemyslaw Orzechowski, uno dei tifosi polacchi arrestati e che ci ha voluto raccontare la sua esperienza. “Sono un tifoso della Lazio, non era la prima volta che andavamo a vedere una partita. Io e altri miei sette amici ci siamo aggregati ad altri tifosi della Lazio che sono arrivati dall’Italia. Siamo partita dall’Hard Rock caffè come ci era stato detto dalla polizia polacca che abbiamo incontrato alcuni metri prima per strada. Qualcosa davanti a noi è accaduto, ma io non ho visto niente. La gente diceva che un gruppo di laziali aveva gettato contro i poliziotti pietre e bottiglie di vetro. Ma io per strada non ho visto una bottiglia di vetro rotta”. Ma poi sono stati coinvolti tutti: “La polizia ci ha circondati e non potevamo andare da nessuna parte. Siamo rimasti li per due ore. C’eravamo io, i miei amici polacchi e cento tifosi italiani. Siamo stati calmi e facevamo tutto quello che la polizia ci diceva di fare. Arrestati perché disturbavamo la quiete pubblica? Personalmente noi non abbiamo neanche gridato”.

Io, quattro amici e un tifoso della Lazio siamo stati portati in una caserma. Siamo stati chiusi per venti minuti in una macchina della polizia da soli senza nessun poliziotto. Così ho telefonato con il mio cellulare il 997 (numero della polizia polacca, ndr) e ho detto che c’erano i finestrini chiusi e stavamo soffocando. Il centralino ha passato l’avviso nelle varie radio della polizia e dopo cinque minuti sono tornati in auto per accompagnarci in caserma. Quando siamo arrivati hanno isolato il ragazzo italiano, mentre io e miei amici siamo rimasti insieme.Dicevano che l’italiano non può né bere nè fumare. A noi permettevano di comprare qualche coca cola e di fumarci delle sigarette con l’assistenza di un poliziotto. Hanno fotografato le nostre facce con i cellulari. E solo dopo ci hanno detto che eravamo li perché avevamo disturbato la quiete pubblica. Alle 4 di mattina ci hanno trasferito nella prigione di Bialoleka. E dopo 48 ore ci hanno portato in tribunale. Ho incontrato alcuni italiani che mi hanno detto che in due giorni avevano bevuto solo tre bicchieri d’acqua. Il giudice invitava gli italiani a dichiararsi colpevoli e hanno anche pagato multe salate. Anche io e miei amici eravamo stati arrestati per gli stessi motivi, ma in tribunale contro di noi non c’era nessun testimone e così ci hanno lasciati liberi. Non abbiamo pagato nessuna multa”.

E se gli chiedi se la polizia si è comportata in modo corretto…“La polizia non si è comportata in modo coretto, perché non potevano arrestarci. Ho sentito dire che ad alcuni italiani neanche l’interprete gli è stato dato e molti non potevano chiamare i loro familiari o l’ambasciata. Questo è veramente strano”.

Restano tante domande senza una risposta su questa vicenda:Vi posso garantire che prima della partita i tifosi della Lazio erano tranquilli. Solo un gruppo di 20-30 persone ha creato qualche problema, ma alla fine hanno fermato tutti. Ancora oggi non mi riesco a dare una spiegazione di questo fermo, e perché alla fine non ho visto una partita di calcio. I poliziotti ci hanno detto che questi erano ordini che arrivavano dai loro superiori. Questa è una cosa veramente stupida. I tifosi polacchi sono solidali con gli italiani, auguro a tutti i tifosi della Lazio buona fortuna”.

Francesco Ponticiello

[Fonte: Lazio News 24]


ON. Emma Bonino, Ministro degli Affari Esteri: liberazione dei cittadini italiani ingiustamente detenuti a Varsavia


E’ necessario portare all’attenzione dell’opinione pubblica i fatti di Varsavia che hanno interessato da Giovedi’ 28 Novembre moltissimi cittadini italiani e prevalentemente romani, in numero inizialmente di circa 150 persone.
Piu’ di 700 tifosi erano attesi nella capitale polacca per assistere a un match di Europa League, prima del quale si sono dati appuntamento davanti a un noto locale di Varsavia (l’Hard Rock Cafè) per essere scortati dalla polizia fino allo stadio, come e’ usuale in tutte le trasferte europee. Una volta iniziato il corteo, probabilmente qualche lancio di oggetti su delle camionette da parte di alcuni individui ha fatto scatenare le cariche della polizia. L’unica prova di questo famigerato lancio di oggetti e’ un filmato diffuso dalla polizia polacca che non datato ed è vistosamente sfocato in cui si vedono solo oggetti volare ma non da chi partano questi lanci.
Ovviamente in conseguenza delle cariche si e’ diffuso il panico e tutti i 700 tifosi hanno iniziato a scappare. Mentre alcuni sono riusciti a fuggire per delle vie del centro, la maggior parte sono stati presi dalla polizia già appostata nelle vie laterali. I fermati sono stati fatti stendere per terra ma nessun fantomatico colpevole è stato potuto essere identificato visto che neanche la polizia polacca ha potuto riconoscere chi abbia realmente iniziato il lancio di oggetti, sempre se ci sia stato.
Dopo essere stati perquisiti e spogliati di tutti gli averi personali compresi i telefonini ei fermati sono stati poi condotti in diversi commissariati cittadini. Sono stati tenuti nelle celle dei commissariati o in altri edifici alcuni per una notte e altri per due notti. Senza alcuna reale  prova di sorta (foto o filmati) sono stati scelti nel mucchio dei colpevoli a caso.
Questi ragazzi non sono stati rilasciati sotto il pagamento di ammende come la maggior parte degli altri tifosi, ma condotti a un processo per direttissima sabato mattina. A questi ragazzi, per i quali i capi di imputazione variano da aggressione alla polizia a resistenza a pubblico ufficiale, sono stati fatti firmare dei documenti interamente in polacco (senza alcuna traduzione), con i quali, a parole, gli si garantiva un processo breve al termine del quale sarebbero stati liberati. Questi documenti, firmati da ragazzi tra i 17 e i 22 anni, erano in realta’ delle assunzioni di responsabilita’ in cui essi rinunciavano, con l’inganno, alla difesa legale.
In tutto questo l’ambasciata italiana a Varsavia si è dimostrata totalmente impreparata ad affrontare la situazione, anche per un esiguo numero di impiegati, non avendo idea dei tempi dei processi, delle eventuali pene, e sconsigliando addirittura ai genitori di recarsi nella capitale polacca. Fortunatamente alcuni genitori sono partiti autonomamente e hanno potuto assistere al processo di Sabato 30 novembre. Si  e’ trattato di 8 processi svolti in contemporanea, interamente in lingua polacca, con un solo traduttore assegnato dal tribunale e senza alcun funzionario dell’ambasciata presente in aula. I processi hanno visto protagonisti esclusivamente i poliziotti che hanno sfilato uno dopo l’altro testimoniando contro i ragazzi, senza per altro poterne riconoscere neanche uno a causa del buio in cui si è svolta l’azione e delle giacche e dei cappelli che molti indossavano per il freddo. Di nessun ragazzo incriminato c’erano foto o filmati che lo identificassero chiaramente. L’ambasciata aveva assicurato la presenza di avvocati, interpreti o quanto meno funzionari. Tutto cio’ non si e’ verificato, anzi, i ragazzi sono stati abbandonati a loro stessi e costretti a firmare dei fogli in cui non sapevano nemmeno cosa ci fosse scritto.
Alla fine del processo, durato piu’ di 8 ore, sono state emesse le sentenze, con pene per circa 22 ragazzi di tipo detentivo, dai 2 a sei mesi. E’ bene ribadire che si e’ trattato di un processo SENZA UN AVVOCATO DIFENSORE, con la presenza di un solo traduttore, e nel quale non erano chiari nemmeno i capi di imputazione. Non e’ stato mostrato alcun materiale foto o video come prova, ma solo testimonianze di agenti presenti e per altro, come riferiscono le persone presenti al processo, molto confuse. I ragazzi, tutti giovani, studenti universitari, lavoratori, anche minorenni (c’e’ un ragazzo di 17 anni), sono stati condotti immediatamente in carcere, senza alcun contatto con l’ambasciata o la possibilita’ di contattare un legale o le famiglie.
In tutto cio’ gli organi di stampa italiani fornivano notizie sporadiche e inesatte, dando per scontato che i ragazzi sarebbero stati rilasciati dietro il pagamento di una cauzione, cosa che non e’ poi avvenuta per tutti. I ragazzi condannati sono stati in larga parte scelti a caso nel mucchio e indicati come colpevoli di presunte aggressioni mai verificatesi. Adesso l’ambasciata si sta muovendo cercando di fare ricorso per queste pene ingiuste e frutto di soprusi, scaturiti probabilmente da problemi interni alla polizia polacca, accusata recentemente di non essere in grado di mantenere l’ordine durante manifestazioni pubbliche. In questo caso pero’ si e’ trattato di una ritorsione su dei cittadini italiani, non delinquenti comuni, ma ragazzi normali tutti fermati senza alcuna ragione reale e comunque documentata. Non e’ giusto che all’opinione pubblica vengano fornite  le solite storie sui tifosi/teppisiti, quando non si e’ verificato alcun incidente o scontro.
Quello che chiediamo è un intervento da parte delle autorità italiane che  faccia luce sulla vicenda, chiarendo come sia stato possibile un trattamento così sommario di cittadini italiani da parte di un paese parte dell’Unione Europea. Vogliamo il rilascio immediato dei ragazzi che prima sono stati ingannati e poi condannati con accuse infondate e senza alcuna prova che li identificasse.

[Fonte: Change.org]


Avv. Contucci: "A Varsavia lo Stato si è mosso con ritardo"


Una petizione su internet indirizzata al ministro Bonino, l’idea di una denuncia collettiva per abusi, ma soprattutto ancora tanta rabbia e grande preoccupazione per chi è ancora detenuto in carcere a Varsavia e rischia di dover restare in Polonia fino a gennaio. Ogni ora e ogni giorno che passa, diventati più chiari anche a chi era scettico quali sono i reali contorni di questa vicenda, bollata da molti come la solita bravata di un gruppo di beceri ultras che hanno ricevuto questa volta una dura lezione dalla Polizia polacca. Ma stavolta, non è andata così.

Come ha confermato anche l’ambasciatore italiano in Polonia, “almeno l’85-90% dei fermati non avevano commesso nessun reato”. E basta solo questo per dimostrare che si è trattata di una vera e propria retata, di un’azione senza precedenti definita “preventiva” dalle autorità polacche. In realtà, è stata buttata una rete in mare aperto senza preoccuparsi di chi veniva pescato: fossero donne, ragazzi, persone anziane o disabili, andava bene tutto per loro, per chi ha autorizzato o ordinato quest’azione che ricorda quelle dei regimi militari repressivi che per anni da quelle parti hanno avuto mani libere, infischiandosene della legge e dei diritti della gente, anche i più elementari. Come il diritto alla difesa, che in molti casi è stato assolutamente negato, con condanne emesse senza prove. Per questo, molte famiglie si sono rivolte all’avvocato Lorenzo Contucci, da anni in prima linea nelle vicende di stadio, nella lotta per l’abolizione del Daspo e della tessera del tifoso.

Questa mattina i colleghi di insideroma.com hanno intervistato in esclusiva  l’avvocato Contucciche ha fatto il punto sulla situazione dei tifosi della Lazio che ancora sono in stato di fermo aVarsavia.

“Sono stato contattato da alcune famiglie che non sapevano come muoversi in un paese straniero. Io ho agito da tramite con uno studio legale polacco che ora sta difendendo i nostri cittadini in Polonia. Ma solo da ora. Gli avvocati polacchi stanno lavorando per farli uscire il prima possibile, anche con una cauzione. Oggi saranno presentate le istanze per chiedere le scarcerazioni. Impossibile fare previsioni sui tempi, ma speriamo sia questione di ore, al massimo di qualche giorno”.

Quello che lascia perplessi tutti, è la lentezza con cui si è mosso lo Stato, a tutela di cittadini italiani che hanno subito evidenti violazioni dei loro diritti per giunta in un paese comunitario. Ci sono voluti giorni per smuovere la situazione.

“Lo Stato si è mosso molto in ritardo e solo sotto una pressione di alcuni esponenti politici, smossi dalle proteste della gente. E’ tutto assurdo, perché per giorni neanche le famiglie riuscivano ad avere notizie di quei ragazzi dal Ministero degli Esteri”.

E intanto proseguono i racconti di chi alla spicciolata sta tornando dalla Polonia, dopo aver riconquistato la libertà magari grazie al pagamento di una cauzione o di una multa. Racconti tutti uguali ma non per questo meno agghiaccianti, perché testimoniano il fatto che in quella rete ci sarebbe potuto cadere chiunque. Non per forza di cose ultras in vena di bravate (come è stata dipinta subito la cosa) ma anche gente che non ha mai compiuto un solo gesto di violenza.

“Sono arrivato con degli amici a Varsavia nel pomeriggio di giovedì e ci siamo subito recati in centro al punto di ritrovo del Hard Rock Café, dove c’erano circa 200 tifosi. E’ nato un primo corteo scortato che è  partito alle ore 16 con circa 150 persone. Noi non abbiamo fatto in tempo a seguirli e siamo rimasti a mangiare. Ci abbiamo messo una mezz’ora per capire come raggiungere lo stadio. All’improvviso arrivano sul posto circa 50 poliziotti5camionette della polizia. Ci chiedono pacificamente se volevamo essere scortati fino allo stadio per non avere problemi, visto che in città nella notte c’erano stati scontri e arresti e per evitare la caccia all’uomo dei tifosi del Legia. Mi sono fatto carico insieme ad altri due amici di prendere accordi sulle modalità, poi ci hanno chiesto di radunare tutti i ragazzi presenti sparsi per la piazza per avviarci. Così verso le 16,30 un altro gruppetto di 60-70 persone parte il secondo corteo pacifico per percorrere a piedi i 3-4 chilometri da lì allo stadio. Dopo neanche un chilometro ci hanno condotti in una stradina, ci hanno fatti mettere ad un angolo della strada chiusi da un cordone di poliziotti e da camionette da entrambi i lati. Lì abbiamo ricevuto un fermo preventivosenza alcun motivo e siamo rimasti fermi per circa 2 oreper essere identificati e perquisiti con atteggiamenti di  provocazione ed istigazione.Per fortuna, avendo anche saputo dell’arresto di tutti i ragazzi che ci avevano preceduto in corteo, nel nostro gruppo nessuno è caduto nelle provocazioni così dopo l’adescamento, il rastrellamento e 2 ore chiusi ad un angolo abbiamo ripreso il camminoe siamo riusciti ad entrare all’inizio del secondo tempo! Purtroppo il gruppo precedente non è mai arrivato a destinazioneÈ stata un’azione di polizia premeditata e mirata”.

[Fonte: SS Lazio Fans]