Settore chiuso settore discriminato Stampa
Giovedì 17 Ottobre 2013 18:19

Che si potesse arrivare ad un uso così squilibrato delle norme e dei regolamenti sportivi c’era da aspettarselo, qual’era l’antifona era abbastanza chiaro da anni. Come per questioni ben più serie, ci ritroviamo da italiani ad essere penalizzati dall’arida ed inarrestabile macchina sanzionatrice che è diventata l’Europa. Non il continente e neanche l’insieme dei suoi abitanti, tanto meno dai tifosi di calcio, ma dall’organizzazione che si occupa di calcio e che in perfetta coerenza con i tempi della inevitabile globalizzazione, va a braccetto con la sua sorella maggiore che è la F.I.F.A..


L’UEFA a quanto pare ha preferito mutare la sua veste apparendo come una ghigliottina istituzionale, ha deciso quindi di mettere sotto torchio la nostra federazione calcistica, la quale non senza imbarazzo si è trovata costretta a dover aggiustare, per quanto possibile, il tiro sconsiderato che l’applicazione di certe norme europee richiedevano.
Quando il sistema sbarella, a traballare è tutta la macchina ma chi ne paga le conseguenze, come al solito, è il libero tifoso che si ritrova ad essere sempre meno libero e sempre più spinto lontano dagli stadi. L’UEFA dal canto suo dorme tranquilla, per questi galantuomini se i biglietti venduti calano, non calano gli abbonamenti di Sky, quindi finchè i diritti (quelli televisivi..) vengono rispettati il carrozzone può proseguire la sua corsa. E così tra divieti di accesso, squalifiche del campo, gogne mediatiche ecc. il tifoso o dice basta e appende sciarpa e cappello al chiodo oppure si incattivisce sempre di più.
E si perché il caos generato, tra i suoi effetti collaterali può a sua volta generare un peggioramento di certi atteggiamenti, paradossalmente proprio di quelli che le norme applicate vorrebbero combattere. Insomma parliamoci chiaro non è che nel 2013 scopriamo che esistono gli insulti verbali e se proprio fossimo stati dei dormiglioni, frequentando gli stadi ce ne saremmo di certo accorti da tempo, forse già da fine ottocento. Nel paese dei campanili, delle chiacchiere da bar, delle rivalità tra bar, troviamo un po’ fuori luogo per non dire ipocrita inasprire i regolamenti e chiudere i settori con lo scopo un po utopistico di moralizzarci tutti, ci chiediamo se seguendo tale orientamento antropologico non sia necessario vietare qualsiasi tipo di satira proclamando la chiusura di testate come il “Vernacoliere…” che sulla rivalità di campanile appunto ha costruito il suo duraturo successo.
Esiste poi una bella differenza tra una punizione sommaria ed una norma concepita per educare e migliorare le brutte abitudini. La differenza sta innanzitutto nel buon senso di chi le norme le disegna pensando alle finalità ma anche al contesto in cui queste dovranno trovare applicazione. Lo stadio, non ci stancheremo mai di ripeterlo è un luogo di aggregazione che senza alcuna discriminazione, raccoglie nello stesso luogo fisico ed ideale, persone di ogni estrazione sociale e culturale. In quanto tale ogni individuo, che noi preferiamo chiamare persona, porta con sé le sue abitudini ed i principi che lo caratterizzano anche all’interno di una grande arena sportiva. Chiudere uno stadio perché qualcuno ha insultato qualcun altro non solo è una imposizione coatta spropositata ma crea a sua volta discriminazione, punendo tutti per colpa di pochi. Quando poi la questione ruota attorno al concetto di colpa allora le obiezioni che ne possono sorgere sono innumerevoli.
Perché se insultare è oggettivamente sbagliato, va anche detto che non possiamo chiudere un’autostrada perché un automobilista ha preso a male parole un camionista di un altro paese. Ma di che parliamo, l’accanimento non va combattuto con l’accanimento, tanto meno quando questo è concepito in una sala istituzionale. Per non parlare poi delle strumentalizzazioni politiche che queste sanzioni possono creare, da un lato come dall’altro, in fin dei conti si sta parlando di discriminazioni, pertanto la politica viene chiamata in ballo d’ufficio. Ed allora come la mettiamo, se si sostiene che la politica debba stare fuori dalle curve, perché questa dovrebbe essere legittimata a risiedere nelle leghe sportive. Fermiamoci tutti quindi e cerchiamo di ripartire da una base di buon senso, smettiamola con le regole esemplari che esemplari non sono, smettiamola di condannare tutto e tutti e soprattutto smettiamola di chiudere gli stadi. Le nuove generazioni già passano troppo tempo davanti ad uno schermo LCD, lasciamo che possano mettere il naso fuori di casa per andare allo stadio e vedere una partita di calcio dove i giocatori ancora sudano, e dove le magliette si bagnano e si strappano per davvero, dove l’agonismo convoglia le pulsioni aggressive in un sistema di norme comportamentali positive e non negative. Ma siamo sicuri che il buon esempio venga sempre dato dai giocatori professionisti? Siamo sicuri che le società siano eticamente degli esempi? Siamo sicuri che l’UEFA abbia lo spessore morale per definire quali siano i valori guida che gli spettatori debbano condividere?

[FonteFondazione Gabriele Sandri]