8 Febbraio 1984: Stefano Furlan, 28 anni senza giustizia! Stampa
Mercoledì 08 Febbraio 2012 22:34

L'8 Febbraio 1984, moriva a Trieste Stefano Furlan, ucciso da un agente di polizia dopo la partita di coppa Italia Triestina Udinese. Riportiamo il ricordo di Stefano del sito "La Padova Bene" .


 

Oggi si celebra il ventottesimo anniversario dalla morte di Stefano Furlan. Col passare del tempo la memoria umana tende a dimenticare, la giustizia si sforza di far dimenticare al più presto; ed allora è giusto rinfrescarla questa memoria.

Anche per dare una chiave di lettura più completa ad altri episodi similari, e ad abusi che stanno colpendo altri ragazzi di stadio in queste ore. Continuare a dire che “chi dimentica è complice” è un esercizio scontato e ripetitivo: penso sia più giusto dire che “chi ci crede ancora è stupido”, dove gli stupidi sono quelli che credono ancora alla giustizia ed allo stato italiano, ad ogni singola parola di qualsiasi rappresentante di questo stato…

Stefano era un ragazzo di vent’anni, tifoso della Triestina. Mercoledì 8 febbraio 1984 si era giocato il derby di Coppa Italia contro l’Udinese, ed i dintorni dello stadio “Grezar”, il vecchio stadio di Trieste, erano diventati teatro di guerriglia urbana. Poi tutto era finito ed i tifosi provenienti da Udine avevano potuto tornare ai pullman. In quel momento Stefano era in strada, e si stava recando a casa della madre. Non ho elementi per stabilire se fosse stato o meno protagonista degli scontri, so solo quello che hanno sempre detto di lui tutti coloro che lo conoscevano, anche gente che con lo stadio e le tifoserie organizzate non centrano nulla: era un ragazzo assolutamente pacifico e non violento. Quando si verificavano scontri allo stadio, in genere non partecipava e se ne stava in disparte a guardare. Così fece quel giorno.

Come già detto Stefano si stava recando dalla madre, ma non fece in tempo. Tre celerini si staccarono dal gruppo dei colleghi e lo raggiunsero da dietro colpendolo. La colpa di Stefano? Trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato sicuramente, e probabilmente avere addosso la sciarpa biancorossa della Triestina. “Colpa” ancora più grave agli occhi dei cani da guardia dello stato… Lo raggiunsero e lo fermarono, portandolo vicino a un muro, dove uno dei tre lo colpì prima con pugni e manganellate sulla schiena e dietro la testa, poi afferrandolo per i capelli e sbattendogli la testa contro il muro. Il tutto mentre i due colleghi trattenevano Stefano, che peraltro non reagiva. Infine lo caricarono sulla camionetta e lo portarono in questura.

Perchè gli sbirri agirono così? Niente di strano, è un pò la “logica del branco”. Parlano tanto degli ultras, ma almeno i celerini in questo sono uguali. Come dice John King parlando dei reparti anti-sommossa di Scotland Yard: gli sbirri sono una brigata come tutte le altre, solo che per il divertimento del sabato vengono pagati, mentre noi sborsiamo per avere il privilegio. E si divertono, bastava vedere le facce della celere a Vicenza lo scorso novembre. Probabilmente ridevano anche mentre picchiavano Stefano, e lo insultavano, sicuramente gli avranno detto la tipica frase loro “Allora!?! Non fai più il bello adesso che sei senza i tuoi amici?”. Come se loro non avessero bisogno degli amici per sentirsi protetti, del “branco” di celerini ringhianti, come se non gli bastassero la divisa, il casco ed il manganello…

Ad ogni modo Stefano venne rilasciato la sera stessa, raccontò alla madre di aver preso una manganellata ed andò a letto. Il giorno dopo non si sentiva bene, e non andò a scuola. Nel pomeriggio stava ancora peggio, e fu necessario il ricovero presso l’Ospedale Maggiore. Giunto all’ospedale entrò in coma, e morì dopo 20 giorni di agonia, il 1° marzo 1984.

Il poliziotto che lo aveva colpito, venne riconosciuto da tre testimoni e sospeso dal corpo.  Nel novembre 1985 venne condannato ad un anno di reclusione con i benefici della legge. Ma successivamente, non si sa per quale misterioso cavillo della legge italiota, venne però riabilitato e fino a pochi anni fa svolgeva regolarmente servizio presso la Questura di Trieste. Adesso probabilmente è in pensione, quindi percepisce i suoi soldi da noi senza nemmeno più fare un cazzo (visti i risultati quando fa qualcosa, forse è meglio così!). Mi piace ricordare una frase della madre di Stefano, pronunciata in quei tristi giorni del 1984: “Qualcuno mi ha chiesto un messaggio per le mamme che lasciano andare i figli allo stadio, io invece un messaggio lo invio alle autorità: nei servizi di ordine pubblico mandino gente che sa quello che fa, non giovani alle prime esperienze che possono perdere la testa…”.

Con la costruzione del nuovo stadio di Trieste, la Curva occupata dagli ultras triestini prese il suo nome: Curva Stefano Furlan. Ogni anno l’anniversario della morte di Stefano viene ricordato con cori e volantini, ed in occasione del decennale (1994) gli Ultras Trieste fecero un corteo intorno allo stadio nel silenzio assoluto, con uno striscione nero “Stefano Presente”. La stessa cosa fecero in occasione del ventennale, nel 2004.

Per quanto mi riguarda la sua vicenda non è molto diversa da quella di Gabriele Sandri, anche se venne percepita in maniera meno forte dagli ultras e dall’opinione pubblica. Nel 1984 la polizia era ancora una presenza poco invadente, poco più di un fastidio; nel 2007 i ragazzi ne avevano le palle piene dei loro abusi e la morte di Gabriele fu il classico tappo che fece esplodere la pentola a pressione.

A ventotto anni di distanza, “La Padova Bene” vuole ricordare Furlan, con le stesse parole con cui lo ricorda la curva alabardata: “La curva non ha dimenticato, Stefano Furlan ucciso dallo stato!”. RIP Stefano.




SPECIALE FURLAN PRIMA PARTE


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FONTE www.lapadovabene.it