Calcio, la voglia matta di emozionarsi ancora Stampa
Martedì 07 Febbraio 2012 14:06

In Italia il calcio ha smesso di emozionare da un pezzo. Emulo di una politica, altrettanto sciatta, della quale è palese metafora. Il sistema pallonaro del Belpaese viaggia a rilento, trainato dalla mediocre gestione di un eterno e sterile presente.

 

Latita la volontà (capacità?) di proiettarlo verso il futuro. Non ci sono stelle polari da inseguire, nè orizzonti dove dirigere lo sguardo della mente. Tutto è teso alla preservazione dello status quo, alla tutela degli interessi di pochi a scapito dei desideri di molti. Una deriva che innesca disincanto, indifferenza e diserzione.

Nessuno è più capace di vendere sogni. Eppure i sogni sono la materia prima di cui si cibano i tifosi, veri protagonisti di questo magnifico sport. I vertici federali mostrano un minimalismo decisionale mirato a conservare le poltrone: una palla al piede che impedisce di mettersi davvero in gioco, pena il rischio di perderle.

Le due Leghe hanno ormai svenduto alle pay tv la passione della gente, trasformando il calcio in uno spezzatino disgustosamente indigesto a queste latitudini. A livello di club, infine, troppe volte si è dovuto assistere al succedersi di presidenze e dirigenze opache, in mano a figure improbabili e perciò inabili a trainare la passione che (ancora e nonostante tutto) alimenta falangi di tifosi perdutamente innamorati.

Il fatto è che il calcio è governato da dirigenti (anagraficamente e biologicamente) vecchi. Il problema di rigenerarsi per provare a rinnovare il prodotto che insistono a voler dirigere, nemmeno li sfiora. La stracca abitudinarietà li ha resi incapaci di affrontare i percorsi necessari per frantumare schemi ormai ingessati e dare vita a modelli di riferimento più consoni.

I giovani, poi, dove sono finiti? Evaporati dagli spalti, dove l’età media degli spettatori non fa che salire. Come è vecchio il manico, altrettanto lo sta diventando il pubblico dentro gli stadi. Per tornare ad attrarre chi dovrebbe alimentare il futuro prossimo venturo di questo sport occorre uno scatto di fantasia, ma nessuno pare in grado oggi di produrlo.

L’assenza cronica di iniziative e la gestione strascicata del derelitto presente stanno finendo per portare il football nostrano, tra uno spezzatino e l’altro, verso il definitivo inaridimento. Proseguendo su questa strada, rischiano di essere fagocitati anche gli ultimi flebili ardori.

Non è questo il calcio che vorremmo né quello che abbiamo sognato. Sembra di assistere a una mediocre e scalcagnata fiction, prigioniera dell’intrinseco dilettantismo di protagonisti per niente all’altezza.

Si cerca allora rifugio nella nostalgia. Ripiegarsi su un  passato che non può tornare si traduce, in molti casi, in una scelta peggiore del male dal quale si cerca di fuggire. A meno che non diventi la molla per rimettersi e rimettere tutto in discussione.

Sergio Mutolo 

[FONTE: Calcio Press]