Tra scommesse e disincanto, il calcio diventa precario Stampa
Lunedì 13 Agosto 2012 17:02

In Italia il calcio sembra aver perso ogni slancio, come la politica di cui è l’opaca metafora. Stretto tra un Fair Play Finanziario sempre più intrusivo, l’asservimento a pay tv che spadroneggiano sui calendari e lo scandalo delle partite truccate al quale si cerca vanamente di mettere la sordina il sistema è rimasto intrappolato nella sterile gestione di un eterno e obsoleto presente.

 

Il mondo pallonaro sembra essersi dato un solo obiettivo, preservare lo status quo. Naviga a vista. Non ha più stelle polari da inseguire nè orizzonti verso i quali dirigersi. Ci si limita a tutelare gli interessi dei pochi a scapito di quelli dei molti. Una scelta che ha condotto all’emarginazione dal sistema di milioni di tifosi.

Nessuno è più capace di vendere i sogni, la materia prima di questo magnifico sport. A livello federale si respira l’arido minimalismo di chi vuole solo conservare la poltrona senza provare a mettersi in gioco con il rischio di perderla. A livello di Leghe manca ogni barlume di fantasia, ingrediente fondamentale per la crescita di un movimento come di un’azienda.

Le rivoluzioni sono, da sempre, opera di visionari. Gente come Steve Jobs, un genio capace di cambiare il mondo della comunicazione. Il calcio, invece, è governato da dirigenti che neppure se lo pongono il problema di rigenerarsi. Personaggi inadatti a frantumare schemi ingessati e dare vita a modelli di riferimento innovativi per risanare uno sport che stanno trascinando stancamente alla deriva.

I giovani sono scomparsi dagli stadi. L’età media degli spettatori continua a salire. Tanto è vecchio e stantio il manico, quando lo è diventato il pubblico. Come sperare di attrarli i giovani del terzo millennio distratti e disincantati, quando mancano gli scatti di fantasia in grado di attrarli?

L’assenza cronica di iniziative e la gestione strascicata di un derelitto presente finiranno per seppellire, in breve, anche gli ultimi flebili entusiasmi. La precarietà dei nostri tempi mediocri condanna spesso a un’opaca sopravvivenza, mentre servirebbero persone capaci di riportare il sistema sulla strada da cui è stato allontanato con tanta bieca pervicacia.

Non è questo il calcio che vorremmo, troppo prigioniero dei suoi errori e delle sue stanche abitudini. Da qualche parte ci dovranno pur essere persone con un minimo di qualità capaci di farlo risorgere. Chi riuscirà a stanarle? Questa è la domanda.

[FONTE: Calcio Press]