"Toro, sei tutto per me!" PDF Stampa E-mail
Domenica 01 Settembre 2013 13:38

Esclusiva Ezio Rossi tra passato e presente granata: “Joe e il mio sogno di diventare Ultras. Dossena? Può ancora dare molto”

 

di Valentino Della Casa –Quello sguardo duro, ma buono. Quella grinta, che come una scorza lo riveste, ma quelle parole di miele per un Toro che per lui resta un amore ma anche “una ferita aperta”. Ezio Rossi al Toro ha dato tutto, o per lo meno tutto quanto ha potuto. Da calciatore, principalmente. Poi, ci ha provato anche da allenatore, ma forse quel Toro, in quel contesto, sarebbe stato veramente troppo duro per tutti. Anche per chi respira aria granata da una vita. Oggi, anche l’ex mister del Toro (oltre a Loria e una rappresentanza del Torino FC) era presente ai funerali di “Joe” (per la foto si ringrazia Alberto Lovisolo), segno che il suo attaccamento verso i colori granata è veramente qualcosa di speciale. Ma in esclusiva per Toro.it, mister Rossi ha parlato anche di molto altro. Per ricordare il Toro del passato e analizzare quello del presente. Con occhio da addetto ai lavori, certo. Ma anche, molto, da tifoso.

Mister Rossi, oggi nessuno si aspettava la sua presenza alla chiesa del Sacro Cuore. Eppure lei c’era.
Sì, io c’ero. Perché io sono nato in Piazza Galimberti. E Piazza Galimberti vuol dire Filadelfia, e Sweet Bar. Alcuni amici di Joe erano anche miei. Il perché di questa mia presenza? Vi racconto una storia: c’era un ragazzino, che aveva un padre che lo portava sempre al Fila. E quel ragazzino ha avuto la fortuna di iniziare a vestire la maglia del Toro, ma contestualmente continuava a passare davanti allo Sweet. E voleva essere uno di quelle persone che stavano lì. Ma poi questo ragazzino ha dovuto fare una scelta: voleva fare l’Ultras, ma anche il calciatore. E ha optato per la seconda. Alcuni potevano pensare che si trattasse di una forma di distacco, invece no. Non era così.

Quindi, mister, tra lei e un futuro da Ultras c’è mancato veramente poco?
Sì, e ammetto che ho invidiato quei grandi storici tifosi come Margaro, Joe e molti altri, perché vivevano il Toro in una maniera davvero speciale. Poi non lo nascondo: io e Joe non sempre andavamo d’accordo, per questioni legate al mio modo di giocare prima, di far giocare poi. Ma l’ho sempre stimato. Come dice giustamente Margaro: era una figura che sapeva dare un senso goliardico agli Ultras, e l’ho sempre guardato con rispetto e affetto. Sono orgoglioso di essere del Toro, come lui. Non solo, io sono orgoglioso di essere forse una delle pochissime persone che, da tifoso, è riuscito a giocare nella e allenare la sua squadra del cuore.

Si parla di Filadelfia, di Ultras. Ma secondo lei si potranno mai riavere momenti come quelli?
Lo dico in maniera piuttosto schietta: a mio parere quel Toro, quell’idea di Toro, è morta con Borsano. Fino a prima, anche se c’erano già delle società calcistiche che vedevano lo sport veramente solo e soltanto come un buisness, la vita granata era molto più da pane e salame. C’era più apertura, più disponibilità. Dopo il ’90 sono cambiate tante cose, e di conseguenza sono cambiati anche i tifosi. Ma non è una critica, credetemi, è solo una constatazione. Ma sì, un po’ nostalgico di quel Toro lo sono.

Da allenatore ha patito tanto l’ambiente. In parte sembra che anche mister Ventura non sia ancora riuscito a trovare quel feeling con la piazza.
Io penso che Ventura abbia fatto quello che gli era stato richiesto. È inutile fare voli pindarici: ha rispettato gli obiettivi, e gli allenatori vanno giudicati per i risultati, dal momento che siamo i primi a saltare in caso di problemi. Purtroppo le scelte non possono accontentare tutti i tifosi: un allenatore non può andare bene a tutti. A mio avviso Ventura ha fatto ottime cose.

E adesso questo Toro dove può arrivare?
Io credo, auspico, che si possa fare un altro passo avanti. Entrare nei primi dieci, mi piacerebbe molto. L’obiettivo deve essere questo: migliorarsi, anche perché una società deve costruirsi anno dopo anno, sono poche le squadre che fanno il botto da subito. Bisogna avere pazienza, ed è forse in questo che il tifo è un po’ cambiato. Di pazienza ce n’è sempre meno. Mi ricordo che negli anni ’70 si accettava comunque anche un Toro che arrivava dodicesimo, in un campionato a 16 squadre. Il calcio viene vissuto ora in maniera diversa: anche i mass media spingono tutti a fare di più. Da un lato è uno stimolo, dall’altro però può essere un male.

Stagione 2005-2006: Ezio Rossi sedeva sulla panchina del Treviso, dove giocava anche Dossena. Può essere ancora un giocatore valido, nonostante l’età?
A 32 anni un terzino può ancora esprimersi a grandi livelli, a mio avviso. E per altri due anni. Dossena era un ottimo giocatore, che dopo Treviso ha anche avuto modo di migliorarsi molto. Credo che sia il giocatore giusto per la difesa a cinque di Ventura, e soprattutto già all’epoca aveva la testa sulle spalle. È una qualità non da poco, credetemi. Persone così allo spogliatoio possono fare bene.

Mister, quando parla di Toro si coglie una leggera, leggerissima, vena malinconica.
Beh, il Toro è per me come un grandissimo amore. Da cui sono rimasto però in parte ferito. Io sono orgoglioso di quello che sono riuscito a fare con il Toro, ma quell’esonero proprio non riesco ancora a superarlo. Ha lasciato qualcosa dentro di me: ho passato due anni di sofferenze vere, di tensioni, di dispiacere, e avrei potuto gioire almeno una notte ma purtroppo non mi è stato concesso. Il Toro per me è tutto, la fede e l’amore resteranno sempre. Chi mi conosce, e sono poche le persone che possono dirlo davvero, lo sa. Non smetterò mai di tifare Toro, mai. Ma quel Toro del passato un po’ mi manca, come vi ho già detto. Ma oggi, in parte, l’ho rivissuto.

Grazie di cuore, mister.
Grazie a voi e sempre forza Toro!

 

[Fonte: Toro.it]

 

Ezio Rossi




Il funerale di Joe alla chiesa del Sacro Cuore




Joe al Fila